CRONACHE: ALLART BLACK


Prologo
Il colonnello Verbinski, comandante in capo delle Tigri Cremisi, era giunto su Faaris IV da poche ore e stava contemplando lo splendore del paesaggio di Valamor da una terrazza del centro di comando e organizzazione militare. “Sembra impossibile che in questa pacifica veduta si annidino così tanti nemici dell’Imperium, non è vero?”
Disse una voce alle sue spalle. “Bene arrivato su Faaris IV, Markus.”
Nessuno lo chiamava mai col suo nome di nascita, ma il colonnello riconobbe la voce e si voltò ridendo. “Allart, non sapevo che anche i Cetriani fossero al corrente delle guerre altrui!
Eri stanco di cacciare bredian e sei venuto a farti un giro lontano dall’Occhio del Terrore?”
Il colonnello Black sorrise e rispose in tono serio
“La situazione è complessa, Markus.”
Si avvicinò alla ringhiera del terrazzo e guardò il panorama, continuando a parlare.
“Il pianeta è una risorsa importante da mantenere e il numero di minacce è davvero elevato.”
Verbinski tenne gli occhi fissi sulle rigogliose giungle di Valamor e rispose all’amico:
“Ogni nemico del Trono d’Oro dovrà essere schiacciato, ogni incertezza eliminata…”
“… E ogni traditore punito.”
Completò il commissario. La formula rituale di augurio della Scuola Commissari che avevano frequentato insieme, come giovani reclute, aveva ancora il potere di pacificare la mente e infondere il giusto furore spirituale nei due ufficiali. Il comandante delle Tigri Cremisi si informò sugli eventi in corso: “Allart, mi hanno detto che la situazione è piuttosto critica, quali sono i tuoi incarichi?”. “Al momento sono stato incaricato di stanziarmi su Valar per liberarlo definitivamente dalla feccia caotica rimasta fino a nuovo ordine, che mi auguro arrivi presto.
Anche se i caotici sono la nostra specialità … Beh, limitarsi a fare pulizia non è un compito adatto ad un reggimento aviotrasportato”.
Replicò il commissario, spostando lo sguardo sopra le splendide nuvole del secondo sottosettore.
Verbinski assentì ed espose le proprie strategie: “Noi faremo il possibile per tenere saldo il settore di Valamor e usarlo come zona di rifornimento e passaggio per le truppe dirette verso Thoran, sperando di riuscire a mantenere saldi gli animi della FDP locale; se si riuscisse poi a muoversi dentro Thoran per ripulirlo un po’ non sarebbe affatto male.”
“La FDP…” Ripetè Allart in tono ironico, scandendo lentamente il nome di quella forza in cui non aveva mai avuto troppa fiducia. La discussione tattica fu però interrotta dal segnale del suo stesso comlog. “E’ tutto pronto allora … Si comincia. Per me è ora di andare, Markus. L’Imperatore ti protegga! ”
“L’Aquila vegli su di te”
Rispose Verbinski, guardando il vecchio amico allontanarsi con la consueta falcata marziale e veloce che tanto impressionava gli ufficiali più giovani. Il colonnello delle Tigri Cremisi guardò un’ultima volta il meraviglioso spettacolo offerto dalla natura Faarisiana, poi si diresse verso le zone di stanza dei suoi uomini. Era davvero il momento di cominciare.

Parte I


“Non mi riesce proprio batterti, eh, Syl?”
Allart sorrise all’amico, scrutando una vecchia scacchiera per Regicidio posta su un tavolo di fronte a lui. Seduto, accarezzava una piccola cagnetta nera trovata pochi giorni prima da alcuni soldati tra le macerie dello spazioporto Amus DA3.
Peggy, così chiamata a seguito di una breve ma confusionaria discussione, era presto diventata la mascotte dell’intero gruppo d’armata.
“A quanto pare non ancora, commissario.”
Sylvan Brute non rivestiva alcun ruolo particolare al di fuori di quello di vessillario, ma era il migliore amico nonché uomo di fiducia dell’ufficiale.
Gli aveva salvato la vita almeno mezza dozzina di volte nel corso della campagna di Seekend e della Tredicesima Crociata Nera, tanto che aveva ricevuto l’onore di portare lo stendardo del 17° reggimento. Era un veterano molto più anziano di Allart, sfiorava quasi i trent’anni di servizio, ma aveva conservato una muscolatura impressionante ed aveva dimensioni tali da poter quasi competere con un nobile adeptus astartes, tanto che le reclute più giovani parlavano ironicamente di come sua madre potesse essere stata deflorata da un Ogryn.
In realtà, si trattava soltanto di una malattia il cui nome era finito disperso nel tempo. Malgrado questa terrificante apparenza, però, egli era un uomo di grande ingegno e sapeva essere un ottimo consigliere per il talvolta troppo impulsivo comandante.
“Beh, credo che adesso sia ora di andare. Se domani sera torniamo interi potresti fare un altro tentativo..”
Il commissario sorrise.
“Sai che non ce ne sarà il tempo.”
Mancavano poco più di ventiquattro ore all’inizio delle ostilità.
Ancora un giorno per dormire e poi sarebbero dovuto tornare all’inferno.
C’era tensione, tra i soldati così come tra gli ufficiali: Un solo giorno e la seconda guerra di Faaris IV sarebbe scoppiata.
Era come se tutti, all’interno del campo Cetriano stabilito all’esterno della colonia Ganimes, sentissero nelle proprie menti e nei propri cuori il trascorrere dei secondi lenti ed inesorabili, del breve giorno che li separava dalla gloria-o dalla morte.
Tuttavia, Black era molto fiducioso circa il risultato della campagna e prevedeva di riuscire a concluderla nel giro di quattro mesi circa.
Ma quante persone avrebbero dovuto morire in quel lasso di tempo!
Si dice che agli occhi del costruttore di imperi gli uomini non siano uomini, ma macchine:
Così era per la maggior parte degli ufficiali che aveva conosciuto.
E allora perché lui li sentiva tanto vicini?
Perché sentiva già i loro spettri chiamarlo nella notte?
Lola non se ne lamentava, ma il commissario era certo che lo avesse notato.
Così Allart non versava una lacrima, ma piangeva nel cuore i propri soldati ancora vivi.
Per sua fortuna, almeno, aveva una donna forte a dargli conforto:
Ma in quei giorni era incapace di pensare ad altro se non a ciò che sarebbe accaduto, e come dargli torto, dal momento che aveva milioni di vite sulle spalle?
Quando i soldati Cetriani erano arrivati sul posto, la cittadinanza li aveva accolti come salvatori della patria.
Allart aveva perciò concesso loro un paio di serate per bere, visitare Ganimes o trovare qualche bella ragazza particolarmente predisposta a dimostrare la propria gratitudine.
Il risultato fu la creazione di un forte legame tra i soldati della guardia e la popolazione Valariana, tanto che, da quanto gli era stato raccontato, ci erano stati addirittura un paio di matrimoni arrangiati in fretta e furia. Povere ragazze, pensava.
Sarebbe riuscito a riportare loro i mariti ancora vivi?
Domande che pesavano come macigni.
Ma come li aveva ammoniti, la pacchia finì presto, ed infatti eccoli lì, tutti schierati ordinatamente al suo cospetto mentre il maresciallo Dejares ed i vari capitani delle compagnie controllavano i propri soldati, tra loro,il capitano “Sledge”.
Il suo era soltanto un soprannome, in quanto proveniente da uno dei reggimenti di Krieg integrati da Cetria e distrutti nel corso delle guerre per poi essere attaccati come toppe a qualche altra armata “ferita”.
La sua patria non si prendeva l’impegno di dare dei nomi ai propri figli destinati al martirio:
Per inciso, infatti, lui era semplicemente l’ufficiale AL-950221, ma i soldati avevano avuto bisogno di un nome da chiamare.
E poi, il suo codice non era proprio semplice da ricordare per della gente che non aveva altro pensiero se non quello di tornare a casa sani e salvi.
“Soldato, il tuo fucile!”
La voce del maresciallo riecheggiònell’aria, spaccando il vetro del silenzio formatosi in quella calda mattinata soleggiata.
“Dov’è il tuo fucile?”
Allart li raggiunse. Un soldato stava a mani vuote, a meno di un metro da lui, il maresciallo rosso di rabbia.
“Venduto, signore.”
Il milite continuava a guardare avanti, lo sguardo perso nel vuoto, pavido ad incrociare gli occhi infuocati del superiore.
“Venduto?”
Ripeté questo allibito, iniziando sin da quel momento a meditare ad una giusta pena da impartire.
“Affermativo, signore..”
Tremava, era pallido in volto.
Forse sarebbe stato congedato con disonore.
Forse sarebbe stato frustato.
Forse sarebbe stato ucciso.
Intanto, il maresciallo lo colpì allo stomaco con violenza allucinante, facendolo cadere in ginocchio con le mani premute al ventre.
“E per quale motivo, sentiamo?”
Silenzio.
“Perché?!”
Gli urlò ancora, quasi ci stesse prendendo gusto.
“Per.. Per comprare.. Del cibo, signore.”
Dejares scoppiò in una risata inquietante e malsana, atta quasi più a scaricare la rabbia che il divertimento.
“Cibo? Per te? Che c’è, il rancio del signor McGüten non è più di tuo gradimento?”
“Negativo, signore. Per.. Per.. Dei bambini, signore.”
Un altro pugno rispedì a terra in soldato che si stava rialzando.
“Loro non.. Non avevano più nulla, signore..”
“Hai smarrito il tuo equipaggiamento, verme! E per questo verrai condannato all’esecuzione somm..”
“Basta così.”
Si decise ad intervenire Allart.
“Ci penserò io a trovare la punizione giusta per lui. Maresciallo, prosegua nella sua ispezione, mi faccia avere il rapporto entro questo pomeriggio. Tu, vieni con me.”
Allart e il soldato camminavano per il campo in silenzio. Il comandante osservò il proprio sottoposto, poteva avere al massimo cinque anni meno di lui.
Ma ciò che lo rendeva superiore al coetaneo, perché lui fosse al comando e lui a morire, gli era ancora ignoto. Era per questo che stava in mezzo a loro, ed il motivo per cui era tanto legato ai propri uomini.
Continuò ad avanzare finchè non giunse ad un punto ove pareva non esserci presenza estranea.
“Tu non hai sbagliato”
Esordì.
“Come scusi?”
“Hai fatto bene a vendere quel fucile. In fondo, che senso ha salvarli dalla morte rapida di un fucile e farli morire lentamente per la fame?”
“Nessuno, Colonnello.”
“Esatto.”
Gli sorrise. Poi estrasse una piccola lama da una sacchetta che portava attaccata alla cintola.
“Aspetta una ventina di minuti, poi ferisciti in fronte e torna sanguinante da Dejares. Digli che ti ho costretto a fare un centinaio di flessioni e poi ti ho preso a pugni. Ricordati di passare dall’armeria per recuperare un’arma, e tieniti pronto per domani. Due pugni ed una cicatrice non ti rendono certo indisposto alla guerra.”
La missione era semplice: Entrare in controllo della raffineria e ricacciare i rinnegati Faarisiani verso le paludi.
Il primo Valkyrie Cetriano giunse rombando nel cielo sopra le teste dei cultisti, bombardandoli con le proprie gondole lanciamissili, riscuotendo un pesante tributo dalla fanteria nemica che veniva falciata senza pietà dai missili a frammentazione sparati dall’aeromobile.
Tuttavia, essi continuavano ad avanzare verso la raffineria, implacabili.
Il Valkyrie venne abbattuto da un proiettile demolitore che uccise tutto l’equipaggio e ben cinque dei passeggeri, lasciando il resto della squadra veterana imbarcata inchiodata tra il rottame del proprio trasporto e l’obbiettivo, con un’orda di cultisti in arrivo.
Il sergente von Stauf gridò con tutto il fiato che aveva in corpo ai propri uomini.
“Rialzatevi, rialzatevi! Per l’Imperatore, non siamo ancora finiti! I rinforzi arriveranno presto.”
Un numero incalcolabile di proiettili danzò davanti ai loro visi.
Il vox della squadra segnalò squillando l’arrivo di una comunicazione.
“Sergente Stauf, qui…Te. Sia…o Sta… Intercettati da alcuni cac…ici.Ragg.. l’obb..”
“Ricevuto, Col..Cap.. Maresciallo?”
Chiuse la comunicazione, confuso, Non sapendonemmeno chi fosse stato a recapitare tale messaggio.
“Stanno ricaricando.. Avanzare verso la raffineria, ora!”
Tuonò nuovamente il sergente.
“Signore, attenzione!”
“Furia” Flames si scagliò sul superiore, facendolo cadere a terra.
Pochi secondi dopo, una carica da demolizione esplose alle loro spalle.
“SANGUE AL DIO DEL SANGUE! TESCHI PER IL TRONO DI KHORNE!”
Il grido furioso dello zelante cultista solitario che li aveva raggiunti echeggiò in tutta la vallata, prima che esso venisse falciato dal volume di fuoco incrociato dell’intera squadra.
“Veloci, dentro la raffineria. Resteremo lì fino all’arrivo dei rinforzi, non posso combattere una guerriglia con cinque soldati”
Quanto tempo passarono lì dentro, a nascondersi dai cultisti? Forse minuti, forse ore. Stauf fissava il pavimento, seduto contro ad un muro.
“Signore”
Lo chiamò il soldato Wayne
“Arrivano!”
Il veterano indicò il cielo visibile da una finestra con un sorriso stampato sul volto.
Due compagnie del 17° vennero paracadutate sulla pianura, la prima alla guida del commissario Black stesso, la seconda al comando del Maresciallo Dejares.
Lola von Brecth stava in mezzo ai fanti, ripetendo ad alta voce gli ordini dei comandanti in un’orgia incomprensibile di spari ed esplosioni mentre i soldati appena arrivati avanzavano verso l’orda caotica paralizzata.
Il comandante rinnegato sbraitò, urlando ordini ai propri sottoposti, i quali però non lo ascoltavano più:
In meno di un quarto ‘dora, il culto era in fuga.
Allart scese dal proprio Valkyrie assieme a Brute e ad una squadra veterana, affiancato da un’altra squadra specializzata nell’uso dei lanciafiamme che ripulì velocemente la zona piena di cultisti.
Il Demagogo tentò la fuga, ma venne colpito al ginocchio da un proiettile laser vagante.
“Prendentelo”
Ordinò privo di entusiasmo
“E fatelo interrogare per tutta la notte. Se saprà dirci qualcosa, tenentelo in vita, potrà esserci utile. In caso contrario, non esitate a fucilarlo”
Mentre parlava, osservava il generale nemico strisciare ferito nel fango. Non aveva chance, e questo lo sapevano entrambi.
Parte II

“Dimmi il senso dell’obbedienza.
Dimmi il senso della tua angoscia, o quello del dolore che ti porti appresso da due giorni per quel foro nella spalla.
Spiegami per quale ragione continui a sopportare di veder morire coloro che ripongono in te la propria fiducia, e ne trascini nella polvere i cadaveri per tutto il campo di battaglia.
Tu non resisti più, vero?
Certo che no.
Lo sappiamo entrambi.
Perché continui a mentire a te stesso?
Tu non sei tagliato per questo ruolo.
Non sei fatto per obbedire senza pensare…
Questo lo hai sempre lasciato fare agli altri.
A loro, a quei cani che mandano dei bambini a correre sui campi minati per rendere sicuro il proprio passaggio, mascherando il proprio desiderio di sangue con una malsana e malriposta parola.
Questa parola la ha trovata qualcuno molto tempo fa.
Fede.
Ah, ah!
Non era questo che voleva Lui, sai?
Lui vi voleva liberi da queste credenze..
Da queste superstizioni..
Dalla Fede.
Ma voi non avete capito.
Il bisogno di dare qualcosa in pasto alla massa famelica che avete radunato era superiore.
E avete fatto di un eroe un Dio.
Potremmo rivelarti cose che distruggerebbero tutto ciò in cui credi..
Oh, no, scusa.
In realtà tu non credi.
Tu fai e basta.
Non ti sei mai attaccato alla parola fede, no.
Tu hai scelto di aggrapparti ad un altro termine.
Dovere.
Dovere di salvare più gente possibile dalle tremende carneficine in cui conduci i tuoi soldati tutti i giorni.
Desiderio di proteggere chi ne rimane coinvolto inutilmente.
Questo ti costerà caro, sai?
A loro non piacciono i tipi come te.
No, no signore.
Nemmeno un po’.
Tu sei troppo buono, non sei mai stato adatto a fare ciò che loro pretendono da te.
Sei divertente..
Direi anzi comico.
Probabilmente se tuo padre non fosse stato un colonnello tu saresti diventato uno schiavo.
Magari una sottospecie di contadino, se favorisci una visione più rosea.
O forse saresti riuscito a tirare fuori l’orgoglio e gridare a tutti le tue idee.
Quelle che nascondi a tutti con tanta cautela.
Non ti piacerebbe poterne parlare…?
Almeno con lei?
Sì, lei, quella donna che adesso dorme al tuo fianco, splendidamente immersa tra i cuscini che voi ipocritamente avete preteso ai danni di qualche poveruomo.
Cos’è, non ti fidi?
Temi la sua reazione?
Parla, uomo, parla, poni fine al tuo silenzio che ti consuma dall’interno ogni giorno di più.
Lei ti seguirebbe, fidati di me.
Anche gli altri ti seguirebbero:
Hai la loro fiducia.
Brute, Dejares, Sledge, Stauf.
Stravinsky,Chandrilla, Pentelias, Fritz. .
Verrebbero con te, se tu decidessi di ribellarti alle imposizioni di questo Impero corrotto e decadente.
Potresti prendere i tuoi uomini ed iniziare a fare realmente del bene.
Non è forse ciò che vorresti?
Fallo.
Hai il nostro supporto.
Tutto è già stato visto:
Tu lo farai, e con grande successo.
Io lo so.
Noi lo sappiamo.
Non ci credi?
Prova!
Che cosa ti costa, uomo?
La tua vita è così fragile e priva di valore, adesso…
Cosa avresti mai da perdere?
Non i tuoi uomini, te lo ho già detto.
E nemmeno la tua donna.
E’ questo, tutto ciò che conta per te, no?
E allora difendilo.
Difendi tutti loro come meglio puoi, anziché portarli avanti in cariche senza speranza nel nome di un cadavere putrescente.
Di un uomo che è stato frainteso…”
Allart si svegliò di soprassalto.
Solitamente i sogni vengono scordati sin dal momento del risveglio, ma le parole di quella voce così…
Coinvolgente rimbombavano nella sua mente come l’eco di un urlo d’orrore senza luogo né tempo.
Non rammentava il discorso, ma il significato dello stesso era rimasto saldo nel cuore del commissario.
Per quanto odiasse doverlo ammetterlo…
Quella voce aveva ragione.
“Ricorda le mie parole, uomo...”
Sì agitò nel letto, cercando la provenienza della voce con lo sguardo ormai spento e perso nel buio.
Sentì Lola muoversi sotto le coperte, assopita.
La guardò.
Era stupenda..
Il suo angelo.
Per un attimo, scordò la voce, concentrandosi sul suo viso radioso, su quella luce nell’oscurità.
“Ci risentiremo molto presto.
E sappi che Io ti vedo.
Non per ciò che fai, ma per ciò che sei.
Destinato a qualcosa di diverso.”
“Che cosa succede?”
Gli chiese lei, stanca e al contempo stupita dall’espressione sconcertata che era comparsa sul volto del commissario.
“Non… Non hai sentito nulla?”
“Che cosa avrei dovuto sentire?”
“Niente… Niente. Sono solo un po’ stanco..”
La abbracciò, cercando di rimettersi a dormire.
“Ti vediamo.”


Parte III


Dopo aver supportato la caccia ai cultisti fuggiti nelle paludi del sottosettore A4 per una manciata di giorni, il commissario Black e le varie compagnie paracadutiste che lo avevano seguito nella prima battaglia si ridiressero verso la colonia di Sancti Thor, fatta eccezione per il capitano “Sledge” che dovette restare per una settimana ancora a supervisionare la propria compagnia intenta a ripulire le paludi dalla feccia caotica.
Lo spostamento fu dovuto ad un imminente offensiva caotica verso la raffineria Gales, passando per Thor, infatti, il comandante poté rifornire le proprie truppe prima della impegnativa difesa.
Nella mattinata era stato avvistato un gruppo non troppo nutrito di avanguardie caotiche, carne da macello che sarebbe divenuta preludio della battaglia imminente.
Black raccolse alcune squadre di volontari da guidare personalmente per dare loro il benvenuto, appostandosi con i propri soldati tra il fitto fogliame del sottosettore.
Non appena la prima squadra di cultisti giunse a portata di fucile, i Cetriani si alzarono dalle proprie coperture sommergendoli di fuoco laser per poi tornare nuovamente tra gli alberi, mentre i caotici rimasti in piedi caricavano a testa bassa.
Quando le prime granate d’assalto costrinsero le guardie imperiali ad uscire dalle proprie coperture, essi non poterono fare altro che subire il violento assalto delle controparti caotiche.
Tra la mischia, Allart riconobbe una figura distinta:
Un vecchio uomo dal profilo ricurvo, dagli occhi e i palmi delle mani aperte traboccanti di energia, avanzava sicuro in sua direzione assieme a cinque cultisti dotati di lanciafiamme, probabilmente la sua guardia del corpo.
Lo zelante commissario non esitò a scagliarsi in sua direzione, seguito da un paio di soldati vicini ed il fido vessillario Brute, ma venne scagliato a terra con facilità dai terrificanti poteri demoniaci dello psionico traditore mentre i suoi uomini proseguivano nella controcarica.
Si rialzò e tornò correndo verso lo scontro, ancora dolorante, ma deciso.
Il primo ad accorgersi di lui fu uno dei cultisti che puntò il lanciafiamme in sua direzione, ma Allart fu più rapido ad aprire il fuoco con il proprio requiem che donò una sublime doccia di sangue a tutti i combattenti vicini.
Osservò per l’ennesima volta la semplicità con cui Brute troncava il collo di un traditore prima di balzare addosso allo psionico, cogliendolo di sorpresa.
I due rotolarono per terra per alcuni metri, e facendolo Allart perse la propria spada tra il fogliame, così come il demagogo perse il proprio bastone:
Fu quindi istintivo colpirlo con un pugno sul naso, poi con una testata nei denti ed un colpo con il caricatore della pistola requiem nel viso.
Il caotico stordito riuscì ad esercitare un campo di forza che fece rotolare all’indietro il commissario, azione che concedette al primo il tempo di rialzarsi e recuperare il bastone.
Allart sparò ancora in ginocchio verso la gamba dell’avversario, il quale cadde a terra ferito.
Poco dopo, la sua gamba esplose lanciando per aria pezzi informi di carne ed ossa:
Il commissario amava la propria pistola.
Aveva fatto modificare personalmente i propri proiettili aumentandone il potenziale esplosivo, amplificando così l’esplosione prodotta dagli stessi una volta penetrati nel corpo di un nemico.
Il caotico urlò, sopraffatto dal dolore, e Black non esitò a puntare alla testa.
Un clangore metallico, seguito dal silenzio.
Poi le sue orecchie accolsero un nuovo rumore.
Ossa spezzate dall’interno.
Gli piaceva.
Tuttavia il momento di gloria durò poco, poiché il commissario venne colpito alla spalla destra da un proiettile vacante che lo riportò alla realtà.
Strinse i denti.
Vedendo il proprio comandante sconfitto, i caotici si ritirarono lentamente, inseguiti da alcuni Cetriani insoddisfatti che falciavano facilmente con le loro armi vigliacche.
Allart si guardò intorno, gli era rimasta una dozzina appena di soldati:
Dovevano lasciarli andare.
La cosa migliore che poteva fare in quel momento era tornare a Sancti Thor e riprendersi in fretta per organizzare le difese: Quello scontro era stato soltanto un piccolo antipasto del massacro che stava per giungere.

Parte IV


I conti non tornavano.
Era passata una settimana da quando Allart aveva sentito per la prima volta quella voce ultraterrena nella propria testa.
Non era più accaduto.
Forse si era trattato soltanto di un’allucinazione prodotta dallo stress accessivo, ma lui non riusciva a convincersene.
Era stato tutto così…
Reale, ma onirico al tempo stesso.
Era avvenuto nella notte prima di un previsto attacco del chaos allo spazioporto Amus DA3, anticipato da una rapida guerriglia in cui il commissario aveva riportato una leggera ferita alla spalla sinistra.
Le forze avversarie erano state viste avanzare verso di loro, non erano fuggiti.
Ma erano spariti.
Così, nel nulla:
Se ne era persa ogni traccia.
Allart aveva fatto perlustrare scrupolosamente la zona circostante per molte miglia al fine di evitare un attacco a sorpresa, aveva tenuto le truppe pronte per tutta la durata di quei sette giorni, ma nulla era avvenuto.
Il commissario stava da solo, su un balconcino del centro di comando che dava una meravigliosa vista sui verdi boschi di Valar, e si interrogava su come un esercito potesse sparire così, rimproverandosi di non riuscire a venire a capo della questione.
Sentiva che sarebbe stato fregato da uno dei loro comandanti.
Si sentiva impotente.
“Vuoi le risposte, uomo?”
Un fremito.
Eccola nuovamente…
La voce.
Sentì le orecchie fischiare ed il battito del cuore accelerare non appena essa pronunciò la propria prima parola.
La aveva riconosciuta subito, dal primo momento.
Non aveva dimenticato neanche un dettaglio.
“Chi sei?”
“Una voce nella tua testa. Allora, Commissario, vuoi sapere?”
“E’ opera tua?”
Attimi di silenzio.
Una gelida risata.
“Cosa ti fa credere che io sia così potente? Te lo chiedo per l’ultima volta. Vuoi la canoscenza, Allart?”
“E perché dovrei fidarmi di te? “
“Beh… Perché non dovresti, piuttosto?”
Qualcuno lo raggiunse.
Si voltò.
Brute.
La voce svanì così come era arrivata.
“Tutto apposto?”
Gli chiese.
Ad un osservatore esterno poteva risultare disarmante il tono confidenziale che l’alfiere utilizzava con il proprio ufficiale, ma nessuno nel reggimento ci faceva ormai più caso.
Lentamente anche il resto del gruppo d’armata vi si era abituato.
In fondo, se il commissario si trovava lì in quel momento non poteva che essere merito suo.
O colpa sua, a seconda dei punti di vista.
“Sì Brute.. sì..”
“E la ferita alla spalla?”
“Sto bene.”
L’ alfiere sospirò, guardando verso terra. Il suo amico non stava affatto bene.
Lo sentiva.
Trasudava un’aura di inquietudine mai vista prima, era come se la preoccupazione non spiegata dell’uomo potesse quasi essere toccata con mano.
“Hai qualcosa da dirmi, Syl?”
“Beh, la commissaria Von Bretch mi ha mandato a dirti di raggiungerla all’entrata del bosco a nord-ovest… Sembrava… Spaventata, ansiosa.”
Allart annuì poco convinto, avviandosi verso l’esterno.
Nel farlo diede una pacca sulla spalla all’amico, che lo osservò andarsene con sguardo preoccupato. Sylvan inizava a non capire più che cosa stesse accadendo.
Entrambi i suoi commissari , solitamente figure rigide ed impassibile, erano in crisi, benché cercassero di mostrarlo il meno possibile.
Situazione quantomeno interessante, dal punto di vista di una guardia imperiale.
“Lola…”
La giovane donna, che fino a poco prima si trovava di spalle, si voltò lentamente.
Si fissarono a lungo, senza proferire parola.
Nessuno dei due sapeva cosa l’altro potesse avere in testa, eppure era come se la malinconia fosse condivisa, come se si capissero pur non conoscendo le ragioni del cruccio altrui.
“Mi stavi cercando?”
Lei esitò.
“Sì.”
Non disse altro per diversi, lunghi momenti in cui i due continuarono a scambiarsi sguardi devastati, resi ancora più gravi trovando la propria espressione riflessa sopra gli occhi altrui.
“Io… Io credo di…”
Si mise a piangere.
Il commissario si accigliò, non comprendendo.
Si avvicinò a lei, avvolgendone le spalle con il braccio illeso e stringendola a sé senza forza.
Attese alcuni secondi ancora, sospirò.
“Allart… Io… Vorrei Josephine qui con me. Ho… Ho bisogno di lei. So che può sembrare una richiesta stupida, ma… E’ l’unica persona in grado di aiutarmi, adesso.”
“Aiutarti… A fare che cosa?”
Non rispose, ma lo abbracciò immergendosi completamente nello scuro cappotto d’ordinanza, la fronte appoggiata ad una breve serie di medaglie e stemmi del commissariato cuciti con cura.
“Io…”
Le accarezzò i capelli, cercando di farla calmare e darle il coraggio di parlare. Non capiva…
Ma questo nuovo atteggiamento di Lola lo preoccupava e lo incuriosiva allo stesso tempo.
La sentì respirare profondamente, Lei gli gettò le braccia attorno al collo.
“Io aspetto un bambino, Allart.”


Parte IV



“Lola, nostro figlio è una benedizione… Non voglio che le due persone più importanti della mia vita restino qua in balia di continui attacchi caotici.
Per favore, torna a Mordia, da Josephine…
Almeno per un po’.
Almeno finchè non sarà nato il bambino…
O la bambina.
Lei potrà sicuramente aiutarti e capirti meglio di chiunque altro che si possa trovare qui..”
“No…
No, non ne ho la benché minima intenzione, Allart…
Voglio stare qui.
E’ il mio dovere nei confronti dell’ Imperatore, e…”
“Fanculo all’Imperatore!”
Un fulmine a ciel sereno.
Ecco come si presentò la risposta del commissario alle orecchie della compagna.
Black stesso risultò sorpreso della propria frase.
Era stato come…
Come se non fosse stato lui a parlare, ma una voce esterna avesse urlato i suoi pensieri spingendoli fuori dalla mente e rendendoli parola.
Sì sentì profondamente in imbarazzo, tacette.
Lola, dal canto suo, non sapeva che cosa dire.
Semplicemente…
Non si sarebbe mai aspettata una simile reazione.
“Voglio solo starti vicina…”
“Hai visto?
Non è così difficile.”
La voce.
Come già accaduto nei giorni precedenti, le orecchie iniziarono a fischiare, la vista si offuscò.
Iniziò a faticare nella respirazione.
“Ehi, stai bene?”
Non appena la commissaria pronunciò la prima parola della propria frase, tutto sfumò.
Sembrava che la voce svanisse all’arrivo di espressioni esterne.
“Sì… Sto bene, scusami.”
“Sicuro?”
“Non ti preoccupare…”
“Sei strano, ultimamente…”
“Pensiamo alle cose importanti…”
“La tua salute per me lo è.”
Rispose lei, grave.
Allart tacette per l’ennesima volta.
“Ho l’Impressione che tu mi stia nascondendo qualche cosa..”
Proseguì.
“Ti svegli urlando tutte le notti… Talvolta ti ascolto mentre parli da solo, gridando al nulla di sparire, di lasciarti stare…”
Lui esitò, sentendo lo sguardo dell’altra pesare sul proprio viso.
Inspirò a testa bassa.
Glie lo avrebbe detto?
“Lola, io…”
Avrebbe davvero trovato il coraggio di farlo?
“…Sono soltanto nervoso, ultimamente.
Lo sai, te ne ho già parlato.
Tutta questa responsabilità…
Mi agita, mi agita enormemente.”
“Non mi prendere in giro, maledizione!”
Urlò contro di lui, muovendo di istinto alcuni passi in avanti.
“Calmati…”
“No, Allart, no! Voglio che tu me lo dica… Ora!”
Tentennò, aprendo leggermente la bocca in un movimento inconscio o istintivo.
Non aveva più scelta.
Si appoggiò ad un albero, tolse il berretto dal capo.
Attese alcuni secondi, fissandola negli occhi.
“Io…
Non posso…”
“Dimmelo.”
Non poté più opporre resistenza allo sguardo della donna, uno sguardo fiero dietro al quale si trovava una mal celata disperazione.
Senza rendersene conto, si morse il labbro inferiore con tale forza da farlo sanguinare.
Mandò giù il proprio sangue.
Il sapore matallico lo confuse, ma gli diede una sorta di coraggio.
“Sento…
Sento una v…”
“Colonnello, ordini dal dipartimento”
Lo interruppe il maresciallo Dejares, raggiungendoli di corsa, sostenendo una velocità impressionante.
“Ci è appena stato ordinato di spostarci immediatamente attraverso il settore numero sette, Mecadon, invaso dagli Orki, e recuperare la Ars Machina per il Mechanicus..
E’ un punto vitale per la creazione di corazzati ed il mantenimento di tutti gli altri presenti sul pianeta.
Dopo di che dovremo raggiungere Castrum Praetorio, conquistare il cannone Voce dell’Eternità e stabilire una nuova base per attaccare Strige nel tentativo di sottrarla dal controllo caotico.”
Esitò.
Guardò Lola per un istante, come per giustificarsi.
Poi si voltò verso Dejares.
“Mh.
Il terreno di Mecadon è sabbioso e infidamente instabile…
Non possiamo permetterci di paracadutare le truppe, finirebbero per piantarsi nel terreno fino al collo, senza contare le tempeste di sabbia costantemente presenti…
Non voglio nemmeno immaginare la fine che faremmo attraversando il settore a bordo dei nostri aeromobili.
Metti in marcia l’armata, fai preparare un Valkyrie per la commissaria e falla accompagnare da una degna scorta.
Dì loro di evitare Mecadon e Mineris e di passare sorvolando su Vreda e Numea.
Il 17° ed il 9° dovranno scendere dai propri trasporti al confine di Valar e proseguire a piedi..
Sarà un inferno.”
“Sì, Signore.
Oh, e..
Il 17° Reggimento vi offre i propri più sinceri auguri, signore.”
Annuì, dopo di che il maresciallo si congedò con un perfetto saluto militare ritirandosi a passo spedito.
Non era ancora sparito dalla loro vista quando cominciò a sbraitare lanciando ordini a destra e a manca.
Lola attese che il compagno proseguisse il discorso, ma le proprie speranze non giunsero a compimento.
“Tu andrai direttamente a Castrum Praetorius, Lola. Ci vediamo là.”
“Mi devi ancora delle spiegazioni!”
“Hai sentito, dobbiamo andarcene subito.
Ti spiegherò tutto quando avremo più tempo, te lo prometto…
Stai tranquilla, non ti preoccupare per me.
Pensa piuttosto al bambino…”
La baciò per un lungo istante prima di andarsene verso i propri uomini in un tangibile stato di malumore.
Lei allungò un braccio, come per afferrarlo.
Sospirò.
Venne raggiunta dopo alcuni minuti dal tenente dell’aria Dowding, che le porse il medesimo saluto offerto da Dejares in precedenza, impeccabile.
“Commissaria, sono appena stato incaricato dal Mar…”
“Sì, lo so.”


Parte VI



Allart osservava cupo la scena della propria vittoria.
Giunto al confine tra Valar e Mecadon, il gruppo d’armata in marcia verso quest’ultimo era stato fatto preda di un’imboscata delle forze del chaos appartenenti alla banda da guerra Bestie dell’Annientamento supportate da un’estesa Waagh orkeska.
Per sorte o per fortuna, le forze della FDP presenti nella vicina Colonia Salice ricevettero in tempo la richiesta di aiuto e marciarono in soccorso dei cetriani.
Tuttavia, il commissario si scoprì a disprezzarli profondamente.
Non si erano dimostrati altro che un branco di conigli al comando di un incompetente ufficiale, che, pretendendo di imporre la propria tattica scantonata era quasi arrivato ad attaccarlo fisicamente.
Patetici…
Ecco dimostrata la differenza tra la gloriosa guardia imperiale e quei rifiuti casalinghi.
Inutile dire che molte teste erano state fatte saltare da Allart in persona, ufficiale incluso.
Lo aveva trovato molto più facile, rispetto a dover eseguire uomini del proprio reggimento, cosa che faceva soltanto in casi estremi.
Nonostante ciò, i poderosi carri del 41° Corazzato Cetriano avevano abbattuto i trasporti nemici dalla distanza, lasciando le truppe nemiche appiedate a correre sotto pesanti bombardamenti.
Un massacro.
Le poche truppe che giungevano alle squadre appostate sulle colline venivano falciate dai colpi di fucile laser dei numerosi fanti o dalle violente manate degli Ogryn della FDP, gli unici ad aver dimostrato, paradossalmente, un minimo di valore.
Ma soprattutto, verso la fine dello scontro, una ridotta forza Eldar era giunta in loro soccorso massacrando Orki e Astartes senza distinzione per poi sparire nuovamente nel nulla mentre le guardie imperiali finivano i nemici rimasti a terra feriti o in fuga.
Allart non riusciva ancora a spiegarsi la ragione di tale intervento.
Che cosa erano venuti a cercare?
Perché non avevano attaccato i suoi uomini?
“Siamo pronti per rimetterci in marcia, signore”
Gli fece notare Brute, avvicinandosi con l’asta del logoro stendardo cetriano poggiata sulla spalla.
Annuì.
“Molto bene”
E così erano ripartiti alla mattina successiva.
Erano entrati a Mecadon senza troppe difficoltà, tralasciando le numerose tempeste elettromagnetiche o sabbie mobili che di tanto in tanto si presentavano ad interrompere il tragitto delle guardie imperiali.
Numerosi soldati erano morti di fame o di sete nel deserto del settore, e giunsero a destinazione soltanto i soldati più ostinati, coraggiosi o folli.
Più di una volta il commissario aveva dovuto interrompere con la violenza brusche liti per le borracce che portavano ancora alcune gocce d’acqua e aveva dovuto osservare con sommo disprezzo come i suoi nobili soldati si fossero tramutati in sciacalli all’interno di quel deserto di polvere, rubando qualsiasi cosa dai cadaveri di quei poveri disgraziati che avevano mollato la spugna, addirittura foto personali.
“Obiettivo in vista, commissario”
L’alto gotico di Sledge aveva sempre avuto un accento molto strano agli orecchi di Black o dei fanti cetriani, fatto dovuto alle origini del capitano.
Allart annuì, facendo cenno al sottoposto di passargli il binocolo che teneva tra le mani rivestite da neri guanti di pelle.
Scrutò l’orizzonte.
Obiettivo in vista?
In realtà si poteva scorgere solamente la figura dell’enorme complesso un tempo posseduto dai Tecnopreti di Marte, adesso avvolto dalla sabbia che si scatenava in una tremenda tempesta.
Sulle sommità degli edifici principali, il colonnello poteva scorgere delle figure magre e ricurve.
Erano stati avvertiti circa la presenza di Orki nel settore..
Ma quelli non potevano essere pelleverde.
Fece cenno di fermarsi per attendere.
Attesero a lungo che la tempesta cessasse, pazienti.
I soldati resistevano stoici, decisi a non mollare proprio in quel momento:
Ma poteva farli combattere?
Non aveva altra scelta.
Avanzarono con cautela tra le dune, seguiti da numerosi corazzati Leman Russ e trasporti Chimera per le truppe e gli ufficiali più fortunati.
Allart aveva deciso di comune accordo con Brute di cedere il proprio ai pochi feriti superstiti dello scontro precedente, che ovviamente sarebbero rimasti nelle retrovie durante l’invasione.
Il comandante dei corpi di redenzione, tale colonnello Worden , aveva ricevuto l’ordine di andare in avanscoperta con i propri detenuti, ma il gruppo d’armata non aveva più ricevuto notizie:
Probabilmente quei pazzi avevano ucciso il colonnello ed erano fuggiti tra la sabbia, o, in alternativa, potevano essere tutti morti negli stenti del deserto.
Quando la polvere e la sabbia si depositarono nuovamente a terra li videro.
Cultisti.
Per l’ennesima volta!
Dovevano aver conquistato la posizione dagli Orki mentre il gruppo d’armata era in marcia in loro direzione..
Ordinò ai fanti di posizionare le armi pesanti.
I Leman Russ si fermarono , prendendo a tuonare morte contro i ripari dei cultisti:
Poco contava distruggere edifici, tutti gli Imperiali presenti avevano imparato a proprie spese che contro le forze del chaos vi era un solo criterio ragionevole: Lasciare in mano loro il meno possibile.
Così avrebbero fatto.
Numerosi eretici lasciarono i propri rifugi urlando per il terrore causato dai colpi di una coppia di Leman Russ Eradicator mentre i più coraggiosi tra i rinnegati avanzavano a bordo di chimera dagli scafi ormai tristemente irriconoscibili.
“Abbattetelo!”
Sbraitò alle due squadre di fanteria più vicine, indicando con la spada ad energia due chimera particolarmente chiassosi in avanzamento verso di loro.
I colpi di cannone laser sfrecciarono nell’aria concedendo appena il tempo ad una decina totale di Ogryn Khorniti di fuoriuscire dai trasporti prima che essi esplodessero sgraziatamente.
Si alzò nuovamente la tempesta:
Gli Ogryn avanzarono verso di loro, coperti.
Una delle squadre al suo fianco non vide l’origine dei proiettili di largo calibro che strapparono cinque vite dalle sue fila, e sotto lo sguardo del commissario, fecero per voltarsi.
Il sergente Gorbeink andò quasi a sbattere il viso contro la pistola requiem di Allart, mentre Brute continuava a sbraitare gli ordini dell’ufficiale a destra e a manca.
“Tornate a combattere.
Potrete indietreggiare soltanto quando sarò io a darvene il permesso, e se ne sarà davvero il caso, potete essere pur certi che non esiterò a farlo.”
I bestioni divennero visibili al placarsi della sabbia, soltanto per venire sommersi dall’ordinato fuoco laser dei fanti imperiali e dal tiro coordinato dei due Eradicator.
Un bestione testa d’osso rimase però in piedi e caricò il nemico più vicino a sè:
Allart.
Il commissario sentì lo scoppio lontano di un veicolo caotico, abbattuto dal Vanquisher alle loro spalle, pochi secondi prima che il bestione gli saltasse addosso.
Portò avanti la spada, risoluto.
Il mostruoso rinnegato la affondò come se nulla fosse stato nella propria pelle lorda di sangue, alzando il braccio per colpire l’avversario facendo leva sulla mera forza fisica e puntare al collo per spezzarlo con un potente mal rovescio.
Purtroppo per lui, il suo piano, fin troppo astuto per uno della sua specie, non giunse mai a compimento, interrotto da un proiettile requiem in mezzo agli occhi.
Allart chiuse i propri mentre il suo viso veniva sommerso dal sangue e dalle cervella dell’essere deforme.
“Smontate le armi pesanti ed innestate le baionette.”
Urlò calmo ai propri soldati in ascolto
“Preparatevi ad assaggiare nuovamente l’essenza del chaos sulla vostra anima.
Lo avete fatto molte volte, e non mi avete mai deluso.
Tutto quello che vi chiedo è di dimostrare una volta ancora la nostra superiorità a questa feccia traditrice:
Maggiore sarà il nostro impeto nell’ assaltarli, più grande sarà il loro nel fuggire riconoscendo i nostri simboli!
Avanti, dunque, verso la gloria!”
Con un urlo di sfogo i soldati percorsero la duna guidati dal proprio generale, raccolti attorno al vessillo cetriano che sventolava lacero e glorioso nell’aria di Mecadon.
Giunsero all’interno del complesso industriale solo per trovarlo già assaltato dai detenuti di Worden, che massacravano la feccia caotica in rotta con il la medesima violenza con cui un cane sbrana un osso polposo:
In fondo, a loro bastava pensare che ogni coltellata sarebbe equivalsa ad un minuto di libertà in più.
Nel giro di un’ora la presenza caotica nella zona strategica venne interamente estirpata dalla carica dei Cetriani e dei loro insani ma preziosi alleati, la loro sporca bandiera piantata sulla cima della costruzione più alta per gridare a tutti le coraggiose gesta appena compiute dai figli di un mondo piccolo e dimenticato.
“Comandante”
La voce giovane e squillante del tenente Gutredn dei corpi di redenzione distolse il commissario dai propri pensieri dedicati al proprio futuro.
“Commissario, vorrei sottoporre alla vostra attenzione il detenuto Fy-862, precedentemente conosciuto con il nome di Rudolf Axelgher.
Ha fatto a pezzi un plotone di rinnegati con le proprie mani e sostiene di dovervi parlare urgentemente circa questione di massima segretezza tra lei e la sua persona…
Richiesta che non è stata assecondata dal colonnello Wobben, ma ritenevo che sarebbe stato meglio in ogni caso informarla di questo…
Soltanto per avvertirla di stare attento.
Come avrà capito, tra tutti i pazzi che maneggiato quotidianamente lui è uno dei peggiori.
Grazie per l’attenzione, colonnello.”
Il giovanotto fece per andarsene.
“No, aspetta.
Voglio parlare con lui.
Qualsiasi uomo in grado di rispedire così tante anime corrotte alle loro assurde divinità si conquista di diritto il potere di parlare con chiunque egli desideri all’interno del mio gruppo d’armata.”
“Come desidera, signore.”

E così adesso era di fronte a lui.
Il detenuto Fy-862 aveva ancora le vesti stracciate e gocciolanti sangue e respirava a fatica, trascinando fastidiosamente i propri abiti avanti ed indietro in un movimento frenetico che cominciava ad infastidire il commissario.
Aveva richiesto un incontro privato, e nonostante tutti i sottoposti lo avessero raccomandato di non fidarsi, Allart aveva voluto ascoltare il legionario.
La pistola requiem era stretta in pugno e pronta a fare fuoco a qualsiasi evenienza.
Controllava scrupolosamente i movimenti di quello strano figuro, accertandosi di non esporgli mai le spalle e di non averlo mai ad una distanza minore di tre metri.
Di colpo il detenuto di fermò, fissandolo negli occhi con uno sguardo di ghiaccio che si fece largo nell’anima del commissario come una lama si fa spazio tra la morbida carne.
Parlò, muovendo rapidamente le labbra secche e screpolate.
“Anche lei le sente, sì, signore?
Loro me lo hanno detto.”


Parte VII



Spalancò gli occhi per la sorpresa.
Fy-862 gli fece un mezzo sorrisetto, divertito.
Iniziò ad avvicinarsi lentamente a lui, che alzò la pistola, diffidente.
L’uomo si fermò di colpo, fissando l’arma.
“Commissario, lei non capisce…
Loro sono nostre amiche.
Le voci…
Dobbiamo farci dominare dalle voci.
Le hanno detto del plotone, sì?”
Allart annuì, fissandolo con diffidenza.
“Come diavolo crede che un poveraccio come me possa aver fatto una cosa del genere?
Sono state loro.
Pensi per un istante a quello che sono riuscite a far compiere a me…
E capirà che con il loro potere in mano lei non avrà limiti.
Me lo hanno detto loro, sa?
La bramano.
Vogliono esaudire i suoi desideri.
Basta chiamarle, e loro arriveranno per lei…”
Sarebbe stato suo dovere di puntare alla testa e premere il grilletto.
Ma si fermò.
Poteva essergli utile…
Forse poteva dargli delle risposte.
“Sono demoni, non è così?”
“Demoni?
Hahahahahahahaha!”
La risata del detenuto venne stroncata da un potente cazzotto nei denti che lo fece finire a terra.
Sputò due di essi con allarmante tranquillità, osservandoli per qualche istante prima di rialzarsi.
“Inizia a perdere il controllo, signore?”
Si mise nuovamente a ridere.
Allart lo puntò nuovamente, guardandolo negli occhi.
“Rispondi alla mia domanda.”
“Oppure?
Spara?
No, non lo farà mai.
Le sono troppo utile.
Io ho le risposte..
Solo io.
Se dovessi accidentalmente morire, beh…”
Sparò al ginocchio.
La linfa vitale del detenuto schizzò per la cella, sporcando gli stracci del legionario penale e la divisa del commissario.
Egli urlò disperato, cercando di afferrare incredulo l’aria dove una volta si trovava il suo stinco.
Fissò Allart con occhi colmi di terrore.
Poi gridò furente strisciando impacciatamente verso di lui, che lo allontanò con un calcione.
“Parla o ti faccio saltare anche l’altra.”
Fy-862 scosse la testa, assumendo nuovamente la propria espressione di spavento.
“Io..
Io non lo so..”
Il commissario fece per premere il grilletto quando quel verme lo interruppe urlando ancora più forte.
“No!
No! Giuro, non ne ho idea!”
Lo osservò con disprezzo.
“Suppongo che quindi tu non sappia nemmeno come farle tacere.”
L’uomo scosse la testa, ancora scioccato e tremante.
“Allora non mi servi.”
Si preparò a finirlo, più per sfogo che per altro.
“Uno spreco di tempo…”
Il detenuto balzò in avanti, stringendosi alla gamba destra del commissario.
“Pietà…
Sono solo un verme, che senso ha uccidermi?”
Strillò piangendo con voce rauca.
Esitò, mosso dalla pietà.
Quel sentimento che da troppo tempo non riusciva più a tenere a bada.
Si liberò di lui scuotendo la gamba.
“Che cosa volevi da me?”
“Dirle di arrendersi, commissario.
Loro ottengono sempre quello che vogliono…”
Il pianto dell’individuo si fece ancora più intenso, ed Allart capì che era il momento di andarsene.
Annuì per poi lasciare la cella, turbato.
Notando la divisa lorda di sangue, il tenente Gutredn si fermò a fissarlo incuriosito, ed il superiore lo fulminò con lo sguardo facendolo voltare per l'imbarazzo.
Dunque proseguì a passo spedito, sparendo tra la confusione del campo militare.


Stava seduto al buio su una grande roccia che dominava l’accampamento, fumando distratto una bacchetta di lho.
Aveva perso quel vizio da alcuni anni, ma il nervosismo glie lo aveva fatto ritrovare.
“Voglio parlarti, bastarda.
Dimmi chi sei, che cosa vuoi, e facciamola finita.”
Disse tra sé e sé a bassa voce, lanciando per terra la bacchetta che si spense sulla sabbia.
Restò in silenzio per alcuni minuti, osservando dall’alto le tende dentro le quali stavano riposando i suoi soldati.
Presto avrebbero dovuto rimettersi in marcia.
“Io voglio aiutarti.
Sappiamo entrambi che nel profondo del tuo cuore, tu brami la libertà che questo sistema opprimente ti ha negato.
Possiamo fartela ottenere…
Tutto ciò che devi fare è ascoltarmi.”
“Sono qui per questo.
Ma prima dimmi chi sei.”
“Io non ho nome…
Siamo stati mandati da una forza più grande.
Ciò ti sia sufficiente.”
“No, non mi basta!”
Si scoprì ad urlare nella notte.
Decise che sarebbe stato meglio calmarsi, o avrebbe rischiato di svegliare qualcuno che avrebbe probabilmente scacciato la voce.
Con sua sorpresa, per una volta non voleva che ciò accadesse.
“Dovrà bastarti.
Ascoltami bene.
Quel cane ti ha detto il vero…
Obbedisci a noi e potrai avere ogni cosa.”
“Voglio soltanto ottenere il tuo dannato silenzio!”
“Lo avrai.
Ma ovviamente, per ottenere una cosa, dovrai perderne un’altra…”
“Che cosa?”
Non ebbe risposta.
Solo una rauca, gelida risata che gli fece accapponare la pelle.
Parte VIII
Altri tre giorni di marcia nel deserto di Mecadon, altre perdite.
Se avessero avuto il loro Valkyrie…
Se non avessero mandato loro su quel dannato settore, quante vite sarebbero state risparmiate?
Ma non si fermavano.
Di tanto in tanto qualcuno cadeva, veniva rapidamente controllato da chi gli stava di fianco, e, nel caso fosse ancora vivo, caricato sulle spalle.
Altrimenti, venivano semplicemente lasciati lì: Non potevano permettersi ritardi sulla marcia.
Avevano ancora una faccenda da sbrigare…
Una faccenda da sbrigare su Castrum Praetorio.
Usciti dal deserto, molti soldati si gettarono a terra per baciare l’arido terreno del nuovo settore.
Benché devastato e inospitale, quello era un vero paradiso rispetto ai sette giorni d’inferno passati sul settore sette in preda alla fame e alla tempesta.
Il cannone Vangelo Imperiale era vicino, ma Allart rifiutò di passare all’azione senza che i superstiti avessero prima ricevuto un degno rifornimento e si curò di far ricevere delle medaglie simboliche come riconoscimento a tutte le squadre rimaste in piedi, carristi inclusi.
“Quando torneremo a casa”
Prometteva,
“Saremo accolti come eroi e vi prometto che provvederò a ricompensarvi adeguatamente per ciò che state passando.
Siete effettivamente la migliore armata di Guardia Imperiale su questo fottuto pianeta*, e sono orgoglioso di ognuno di voi.”
Il gruppo d’armata trovò rifugio nella colonia Cadiae II, distante non più di una dozzina di chilometri dal loro obiettivo.
Allart concesse come fatto in precedenza una serata di riposo e svago ai soldati, cosa di cui avevano evidentemente bisogno dopo i tremendi giorni passati tra la cenere.
Quando venne a sapere del loro arrivo su Castrum Praetorio, Lola insistette per farsi accompagnare sino alla colonia nei pressi della quale l’esercito cetriano si era stanziato per ricongiungersi al proprio reggimento.
Così, nella notte di libertà garantita alle guardie stremate, i due membri del commissariato poterono ritrovarsi dopo il breve periodo di lontananza che li aveva tenuti divisi per un tempo che era sembrato molto più lungo di quanto in realtà non fosse stato.
La mattina successiva il gruppo d’armata venne radunato e gli equipaggiamenti controllati nuovamente, in previsione dell’attacco che avrebbe visto la riconquista di uno degli obiettivi strategici più importanti del pianeta: Di fatti, il cannone Vangelo Imperiale era l’arma principale di Faaris IV per rispondere alle minacce in orbita, arma di cui l’Imperium era stato momentaneamente privato dalle forze del chaos.
Allart entrò nella tenda di Lola, preparandosi a salutarla prima di partire nuovamente:
In quell’esatto momento, prese vita un inferno.
“I Legionari! I Legionari penali!”
Due colpi di fucile laser bucarono una delle tele, mentre un altro proveniente dalla direzione opposta colpì un’asta della tenda che si ripiegò su sé stessa.
Aprendosi un varco verso l’esterno con la spada, il commissario fuoriuscì dai tessuti squarciati tenendo la compagna per un braccio.
Ciò che si presentò ai loro occhi era incredibile:
Tutti i legionari penali del gruppo d’armata erano in rivolta, aggredendo i soldati Cetriani con tutto ciò che trovavano a disposizione nell’accampamento.
Brute intercettò un detenuto armato con una pala che correva in direzione dei due commissari, sfondandone il petto con una poderosa spallata.
Allart non cessava mai di sorprendersi per la forza e la corporatura dell’alfiere, pari o forse addirittura superiore a quella di un divino Adeptus Astartes.
“I carcerati, Allart.
Sono in rivolta!”
Detto ciò si voltò per scaricare il proprio fucile laser su una massa di fuggiaschi che caddero pesantemente a terra.
Lentamente, i soldati cetriani nelle vicinanze si fecero intorno alla figura del commissario e dello stendardo reggimentale, senza smettere di sparare ai legionari impazziti.
“Che cosa gli prende, signore?”
Domandò ad alta voce una delle guardie imperiali più vicine a lui.
Alan Goerman aveva un aspetto giovanile, benché avesse dimostrato di possedere l’istinto di sopravvivenza di un vero veterano.
“Non ne ho idea, ragazzo”
Rispose
“Ma sappi che l’unica reazione possibile al tradimento è la vendetta.”
Dopo aver seminato scompiglio nell’accampamento, i legionari penali si diedero alla fuga tra gli stracci dei tendaggi distrutti .
“Ecco che cosa cercano.
La libertà.
Che cosa c’è di male in questo?
Non è quello che vuoi anche tu?”
Nonostante il trambusto, le urla e gli spari, poteva sentirla chiaramente.
La sua tortura.
La sua maledizione.
Quando sarebbe finita?
“Attenzione, Commissario!”
Un gruppo di detenuti ritardatari comparve alle loro spalle e fece fuoco su di loro con fucili laser strappati dalle mani dei commilitoni uccisi.
Distratto dalla voce, Allart non li aveva notati, ma, per sua fortuna, Sylvan Brute non aveva avuto lo stesso problema.
Il vessillario si lanciò spontaneamente contro i suoi due commissari, tirandoli a terra appena in tempo per evitareper evitare parte della scarica di fuoco laser che finì per colpire alcuni malcapitati soldati.
Gli altri cetriani, voltandosi, falciarono con facilità il gruppetto di rivoltosi per poi andare a controllare le tre sagome distese a terra, coperte dallo stendardo logoro e strappato del diciassettesimo reggimento.
Il soldato Goerman esitò, cercando con lo sguardo il volto del proprio sergente.
Pentelias annuì, ed al suo cenno, il cetriano sollevò la stoffa che ricopriva i tre corpi.


Parte IX



“Do.. dove mi trovo?”
Scosse la testa, la vista appannata e la mente confusa per il recente risveglio.
“Su un letto dell’ ospedale di Nostra Signora Martire, su Castrum Praetorio.
Ha passato diverse ore privo di sensi, commissario.
Ha subito un forte impatto.
Non abbia troppa fretta a rimettersi in piedi.”
Rispose una voce femminile.
Non riuscì a riconoscerla, probabilmente era la prima volta che quella donna gli rivolgeva la parola.
La visuale si fece sempre meno appannata, finché Allart non fu in grado di vedere chiaramente la propria interlocutrice.
Non poteva avere che una manciata di anni più di lui, quella donna, i capelli tagliati e tinti di bianco come da tradizione dell’adeptus sororitas.
“Io sono Sorella Clersia dell’ordine ospedaliero.
Se…”
“Dov’è Lola?
Sylvan?”
“Come scusi?
…Oh…”
Clersia portò una mano davanti alla bocca, capendo a chi si stesse riferendo l’ufficiale attonito.
Esitò per alcuni secondi, sospirando.
Tenne lo sguardo basso, mentre gli parlava.
“Il soldato veterano Sylvan Brute è stato colpito al fianco sinistro da due colpi di fucile laser…
Purtroppo non ce l'ha fatta, i colpi provenivano da distanza ravvicinata ed hanno colpito con la propria piena potenza.”
Allart chinò la testa e chiuse gli occhi.
“Era un bravo amico…”
Disse riaprendoli.
Il suo sguardo si perse nel vuoto.
Si sentì smarrito, solo, per alcuni istanti, poi sbattè nuovamente le palpebre…
“E…
E la commissaria?”
Fu quasi timoroso nel chiederlo.
La sorella lo guardò per alcuni istanti, grave.
“E’ ancora viva, ma…”
“… Il bambino?”
Non ricevette risposta.
La sororita si morse il labbro inferiore e scosse la testa, senza trovare il coraggio di guardare il commissario negli occhi.
Allart deglutì.
Non si sarebbe detto di lui un commissario già al normale stato delle cose, men che meno si sarebbe potuto fare in quel momento in cui sosteneva un’espressione che non era in grado di rappresentare neppure in minima parte quanto egli fosse distrutto all’interno.
Si alzò dal letto, le ossa delle gambe e delle spalle scricchiolarono rumorosamente non appena assunse la posizione eretta.
“Commissario, è meglio che…”
Clersia lo prese per un braccio, fermandolo.
Non trovò il coraggio di finire la frase.
“Zitta”
Le disse
“Portami da lei.”

La sorella si arrestò al di fuori della stanza.
Lola stava lì, sul suo letto, a testa bassa.
Al suo fianco nessuno, molto probabilmente aveva preteso solitudine…
Come biasimarla?
Alzò la testa non appena lo sentì arrivare, il visto triste rigato da due lunghe lacrime.
Si fissarono a lungo negli occhi, come se l’uno volesse rassicurare l’altra di non avere alcuna colpa, benché non ve ne fosse.
Non riuscivano a trovare parole.
Soltanto a condividere il freddo, gelido vuoto appena creatosi nei loro cuori.
Restò accanto a lei a lungo, senza proferire parola, mantenendo la mano della commissaria salda in mezzo alle proprie, lei incapace di parlare, lui ammutolito dagli eventi.
Forse…
Forse era destino?
Forse era tutto già stato scritto?
Oppure…
“Era questo il tuo prezzo, maledetta… Era questo ?!”
Pensò appoggiando la testa al muro e lasciando Lola per un istante.
Nessuno rispose…
La voce era sparita.
Clersia si affacciò alla stanza, facendogli cenno di muoversi in sua direzione, ma continuando ad evitare il suo sguardo.
Diede un bacio sulla fronte alla compagna, le fece una leggera carezza, bagnandone il capo con le proprie lacrime che fu infine costretto a liberare.
Le asciugò velocemente, dirigendosi verso la porta.
Dejares lo attendeva, non eretto come al solito, ma ricurvo, quasi ingobbito, abbattuto.
Allora anche lui era in grado di provare pietà?
“Signore, mi dispiace…
So che questo non è affatto un buon momento, ma…”
“Vai al sodo…”
“Nuovi ordini dal dipartimento.
L’attacco al cannone Vangelo Imperiale è rimandato.
Il dipartimento ha comandato un nostro nuovo spostamento verso Strige, al fine di sottrarla alle forze del chaos che lo infestano sino alle fondamenta.
Hanno avvertito anche la presenza di numerosi guerrieri Tau”
Annuì, sconfortato.
“E così vogliono usarci come carne da macello, quei figli di puttana!”
Figli…
Trovarsi a pronunciare quella parola lo divorò all’interno più di quanto i recenti avvenimenti non fossero già stati sufficienti a fare.
Sbattè i pugni contro il muro.
Poteva rifiutare di farlo?
Attese in vano di udire un lontano “Sì, puoi”, di udire la voce.
Ma essa continuava a non giungere.
Aveva mantenuto la promessa.
Ma il prezzo…
Non se lo sarebbe mai potuto perdonare.
Parte X
Erano passate settimane dalla ribellione dei legionari penali che aveva portato alla morte di Brute e alla perdita del bambino da parte di Lola.
Nonostante l’accaduto, la commissaria si era ripresa abbastanza velocemente.
O meglio, riusciva a trattenere il proprio dolore per la maggior parte del tempo.
Allart, invece, era divorato dalla colpa che lui stesso si attribuiva per quanto successo, anche se, in fondo, lui non aveva potuto sapere che cosa la voce avrebbe preteso da lui –né, tanto meno, lo aveva accettato.-
Al vessillario sacrificatosi per loro fu dedicata una degna cerimonia, pur se molte forze lealiste sul pianeta se ne lamentarono, definendola una perdita di tempo.
Il commissario decise di non rispondere a questi comandanti irrispettosi, né tanto meno si interessò a scoprire chi essi fossero:
Preferiva restare nel dubbio e combattere eventualmente al loro fianco piuttosto che doversi trovare a reprimere il desiderio di sparare loro nella schiena in una simile occasione.
“Signore, abbiamo appena oltrepassato il confine con il settore Strige”
Lo informò il tenente Dowdings dalla cabina di comando del Vendetta su cui era imbarcato assieme a Lola, padre Zachar e nove fanti in armatura a carapace appartenenti alla 24° compagnia del 9° reggimento da assalto aviotrasportato assegnato al gruppo d’armata.
“Siamo stati mandati qui per liberare questa regione”
Gridò ai fanti, guardandoli negli occhi uno dopo l’altro mentre cercava di imporre la propria voce sul rombo causato dal motore del loro trasporto.
“E se pensate che riportarla in seno all’Imperium sarà cosa semplice, vi sbagliate di grosso.
Sapete bene che cosa significhi combattere contro questi bastardi, sapete che non si fermeranno davanti a nulla, e che dovremo eradicarli da ogni singola zolla di terra su cui li troveremo appostati per rispedirli nel loro maledettissimo buco!
Siamo qui per un solo motivo:
Non c’è uomo in tutto il dominio dell’Imperatore in grado di farlo con efficienza e ferocia pari a quella di un soldato Cetriano.
Siete pronti a dimostrarlo ancora una volta?”
I soldati ruggirono in coro la loro risposta risposta.
Allart non fece in tempo ad udire la risposta, coperta dalle esplosioni dei Valkyrie vicini abbattuti a colpi di cannone laser.
“Avvicinarsi al portellone!”
Strillò Dowding dalla propria postazione, lasciandosi travolgere dalla fretta di liberare il proprio prezioso carico mentre tentava di evitare i dardi nemici.
Il commissario incontrò per alcuni secondi lo sguardo duro del sergente Maverion, prima che l’addetto al requiem pesante destro spalancasse loro il portellone laterale dell’aeromobile.
“Dodici ok!”
Allart osservò in lontananza una delle scene sotto di lui, in cui alcuni uomini già sbarcati mantenevano la posizione sparando invano contro un rhino del caos in avvicinamento verso di loro.
Ipotizzò rapidamente che sarebbero arrivati sopra di essi, quando tutta la squadra avrebbe confermato di essere pronta allo sbarco.
“Undici ok!”
Uno stregone emerse dal trasporto truppe assieme ad una squadra di marines corrotti, puntando i fanti in difficoltà.
“Dieci ok!”
“Nove ok!”
“Otto ok!”
Due soldati Cetriani caddero sotto i colpi degli Astartes rinnegati, mentre il loro sergente venne colpito da una scarica di energia lanciata dal loro comandante.
“Sette ok!”
La pelle dell’umano prese a cadere al suolo, tra l’orrore collettivo dei suoi commilitoni.
“Sei ok!”
Uno degli uomini a terra indicò il loro trasporto, urlando qualcosa ai compagni prima di venire falciato da una rombante spada a catena che lo colpì alla schiena.
“Cinque ok!”
“Quattro ok!”
“Tre … ok!”
“Padre Zachar…”
Pensò mentre controllava il proprio equipaggiamento.
“”Due ok!”
“Lola.”
Concluse.
La commissaria gli diede un colpo sul braccio.
“Uno ok!”
Rispose lui.
L’addetto all’arma pesante gridò, Allart si tuffò nel vuoto, ed il paracadute antigravitazionale entrò in azione senza alcun ritardo.
Esso rallentò progressivamente la caduta dell’ufficiale fino a che egli non giunse illeso sul terreno , raggiunto dal resto della squadra nel giro di una manciata di secondi.
Uno dei marines del caos impegnati nel massacro si voltò verso di loro, e così fecero i suoi alleati mentre le guardie sopravvissute all’assalto cercavano riparo tra le piante circostanti.
Era stata una vera fortuna non finire sopra una di esse, di cui il settore era colmo oltremisura.
“Fuoco!”
Impose mentre i corrotti marines indivisi si apprestavano a caricarli.
Le guardie Imperiali salvate poco prima riemersero dal fogliame per fornire fuoco di copertura, e numerosi marines caddero sotto gli spari incrociati delle due squadre.
“Per l’Imperatore!”
Strillò rauco padre Zachar.
“Sia egli la nostra forza e il nostro scudo!”
Allart lo seguì alla carica assieme ai soldati della propria squadra e a quelli soccorsi poco prima, nuovamente spronati sotto la guida di due commissari e di quel furente membro dell’ecclesarchia, solo per vederlo immediatamente decapitato dalla lama psionica dello stregone che ne raccolse la testa per mostrarla agli imperiali e lanciarla ai loro piedi.
Tuttavia, il commissario non si fermò, e così fecero i veterani, furiosi nelle proprie armature ancora lucide.
Accese la propria spada potenziata nello stesso momento in cui essa venne a cozzare contro quella del demonologo, il rumore metallico invase le orecchie degli astanti che li avevano già lasciati isolati dal resto dello scontro.
Il suo avversario sghignazzò, scrutandolo divertito dall’alto della propria stazza.
Allart balzò in avanti, cercando di colpire lo stregone con un fendente diretto al petto, il quale però riuscì ad anticiparlo facendo incontrare al viso del commissario il pugno chiuso della propria antica armatura.
Egli perse il berretto e sentì alcuni denti scheggiarsi, mentre un lungo taglio interno causato dai loro frammenti gli fece assaporare il suo stesso sangue.
Finì debolmente a terra, lo stregone lo incitò a rialzarsi.
Si mise su un ginocchio, riprendendosi parzialmente dall’impatto appena in tempo per parare un fendente diretto alla testa.
Sputò a terra respingendo il nemico, cercò di colpirlo alla vita.
L’avversario lo parò con facilità e tentò di recitare un’antica litania, ma venne interrotto da un nuovo attacco del commissario.
Lo stregone utilizzò la propria forza superiore per sbilanciare il comandante imperiale e tentare di colpirlo al fianco con un raggio di energia proveniente dalla propria mano, frutto di antichi studi e del potere donatogli dal proprio padrone nel giorno in cui la sua anima cadde nel baratro della corruzione.
Allart si buttò a terra con un guizzo, ed il colpo finì ad una manciata di spanne dalle sue gambe.
Si rimise in piedi per rispondere alla nuova carica dell’opponente, tentando di anticiparne l’ offensiva con un fendente orizzontale all’altezza del petto.
Il campo di forza attorno alla spada tagliò l’aria per poi spaccare l’armatura adorna di simboli blasfemi producendo rumori atroci, trapassando senza sforzo il carapace del rinnegato e squarciandone il nero cuore sinistro, fermandosi poco prima di giungere a contatto con quello secondario.
Lo stregone urlò furioso, per poi rispedire Allart a terra spingendolo con il piede destro.
Il commissario riuscì a portare con sé la propria spada prima di cadere sull’erba scolorita di Strige.
Rotolò di lato appena in tempo per evitare un colpo verticale e si rialzò scoordinatamente, notando che l’arma del caotico aveva finito per conficcarsi nel terreno.
Approfittò di tale fatto per calare rapidamente la lama potenziata sull’avambraccio dello sfidante, che si ritrasse solo per essere finito da un colpo di requiem in mezzo alle lenti dell’elmo puntuto.
Spense la spada e la ripose nel fodero, passandosi sulle labbra la mano libera nel tentativo di asciugarle dal sangue che le bagnava.
Raccolse il cappello da commissario ed alzò lo sguardo giusto in tempo per vedere Lola estrarre la propria spada dalla giuntura del pettorale di un Astartes steso a terra e sparare alla testa di un campione privo del proprio elmetto.
I pochi uomini rimasti si raccolsero attorno a lei, intenta ad imporre lo spietato verdetto dell’Imperatore ai nemici morenti.
La osservò sfogarsi per il proprio dolore, apprestandosi a raggiungerla.
Alzò lo sguardo, distratto dal rombare dei motori di due Valkyrie sfreccianti sopra le loro teste.
Sentì dei gemiti alle proprie spalle e si voltò, puntando allarmato la pistola verso il terreno.
Il sergente Maverion gli chiese flebilmente di porre fine alle sue sofferenze, premendo contro il ventre aperto con l’unica mano rimastagli.
Il commissario scelse di assecondarlo, ma evitò deliberatamente di guardarlo in faccia quando si trovò a premere il grilletto.
“Signore, s…”
Un colpo di fucile requiem mise a tacere il soldato che gli si stava avvicinando, che cadde a terra con un tonfo sordo.
Cominciò ad innalzarsi una folta nebbia, ed Allart non perse ulteriormente tempo per raggiungere il proprio gruppo.
“Restate sparpagliati!”
Asserì nervosamente.
Numerosi proiettili giunsero loro dalla foschia, costringendoli a cercare riparo e nascondiglio nel fitto fogliame.
Una seconda squadra, questa volta capeggiata da un condottiero rivestito da una superba armatura nera, giunse correndo in loro direzione.
I marines si fermarono, guardandosi attorno alla ricerca delle sagome scorte pochi secondi attraverso la bruma.
Il commissario attese alcuni secondi prima di dare ordine di aprire il fuoco, facendo investire gli eretici vicini da numerose scariche di fucile laser a breve gittata.
“Carica!”
Urlò emergendo dalle foglie, sfoderando ed attivando la propria spada per la seconda volta.
Il condottiero nemico lo anticipò, sferrandogli un potente malrovescio con il proprio maglio potenziato.
Allart venne scagliato diversi metri più lontano e sbatté violentemente la schiena contro un albero, cadendo a terra tramortito.
Per sua fortuna, comunque, il campo rifrattore fece il proprio lavoro, impedendo all’arma di quell’adoratore degli dei oscuri di sfondargli il torace.
Cercò di rialzarsi mentre il colosso avanzava in sua direzione, deciso a schiacciarlo.
Imprecò sottovoce, riuscendo a malapena a sdraiarsi su un fianco a causa del dolore procuratogli dall’urto subito.
Il caotico puntò la propria pistola verso la sua testa, pronto a premere il grilletto.
Allart tentò disperatamente di rialzarsi, ma tutto ciò che ottenne fu di finire schiena a terra.
Chiuse gli occhi, e per la prima volta dopo mesi di guerra tornò a pregare quell’Imperatore in cui ormai non credeva più di fargli salva la vita.
Minaccioso, il marine avanzò sghignazzando in sua direzione, riponendo la pistola in una fondina ed estraendo un coltello da combattimento da un fodero stretto alla vita.
Era chiaro, voleva divertirsi con lui.
Perché nessuno veniva a salvarlo?
Forse erano troppo impegnati nella mischia, forse erano già morti.
Non sapeva dirlo, non aveva occhi che per il proprio boia, che con la propria elevata stazza ostruiva ogni vista.
Il commissario urlò per il dolore quando la lama del nemico inginocchiato si infilò lentamente tra le sue costole, finendo preda




i una sofferenza tale da non riuscire neppure ad udire le grida di malsana soddisfazione del proprio carnefice.
Non volle nemmeno provare ad immaginare in quale sorta di lozioni ed intrugli fosse stato immerso il coltello per potergli infierire una simile sofferenza senza togliergli la vita.
Il condottiero scoppiò a ridere nuovamente, ma la sua ilarità venne questa volta interrotta dalla sfrigolante figura di un’arma potenziata che si introdusse silenziosa tra le sue spalle.
Piantata in diagonale dal collo al costato, essa aveva immediatamente polverizzato le corde vocali dell’astartes: Mai più avrebbe egli pronunciato eresia.
Lola estrasse la propria arma dal corpo che cadde a terra fragorosamente.
Nonostante la vista offuscata, Allart riuscì a riconoscerla.
Le sorrise.
Poi, ogni cosa attorno a lui prese freneticamente ad incupirsi fino a svanire nel buio più totale.


Parte XI



Alexander Szatovsky, medico della ventiduesima compagnia, osservò fiero la propria nuova medaglia che brillava come una stella sul colletto della divisa messa a nuovo.
Se la era conquistata sul campo, offrendo le proprie doti guaritrici al commissario ferito e salvandolo da una lenta agonia.
Era riuscito ad estrarre il veleno dal corpo dell'ufficiale prima che esso iniziasse a fare effetto, uccidendo la propria vittima dopo averne prolungato la sofferenza inflitta dal pugnale su cui era stato sparso.
Szatovsky non glie ne aveva dato il tempo, e per questo era stato premiato e celebrato.
Padre Abraham, il nuovo prete reggimentale arrivato assieme ad altri rinforzi Cetriani al gruppo d’armata aveva definito la sopravvivenza di Allart un miracolo.
Per quelli tutto è un miracolo, si era detto lui, ma più pensava a quanto accaduto, più si convinceva che un semplice campo rifrattore, per quanto utile, non avrebbe mai potuto sostenere l’impatto di un maglio potenziato, specialmente se ad utilizzarlo era un Astartes dall’ esperienza millenaria.
Quel colpo avrebbe dovuto ridurlo in poltiglia.
E la collisione con l’albero?
A giudicare dalla forza con cui si era scontrato contro di esso, avrebbe dovuto quanto meno rimanere paralizzato a causa dell’impatto sulla schiena.
Invece aveva solo qualche livido e delle fasce sulla cassa toracica.
Non capiva…
O forse non voleva capire.
Forse non era disposto ad ammettere che quel monaco fedele avesse ragione?
In fondo, non vi era altra possibile definizione se non quella fornita da lui, forse davvero qualche forza superiore aveva voluto mantenerlo in vita…
Ma a quale fine?
Giorno e notte, perlustravano le foreste circostanti al nuovo centro di comando stabilito su Strige, pronti a segnalare qualsiasi tipo di forza ostile in avvicinamento.
Il sergente esploratore Jonathan Atger ed i suoi uomini formavano soltanto una delle tante squadre addette a tale compito.
Erano stati equipaggiati superbamente:
Bombe termiche, mine ad inciampo, mantelli mimetici, addirittura una carica da demolizione, un cannone laser e tre fucili termici nel caso si fossero imbattuti in squadroni sentinel esploratori rinnegati.
Si erano fermati in una radura per riposare, la seconda giornata nel bosco era ormai trascorsa senza intoppi e l’ora era tarda:
Conveniva recuperare le forze.
Si sarebbero organizzati come per la notte precedente:
Essendo la squadra composta da dieci uomini, cinque potevano riposare, mentre due restavano svegli vicino a loro ed altri tre controllavano il perimetro circostante senza allontanarsi eccessivamente.
Jonathan aveva incaricato di coordinare il primo gruppo il giovane Thomas Barrett, un ragazzo magrolino ed emaciato che del soldato aveva ben poco.
Eppure aveva più volte dimostrato di avere una vista ed una prontezza eccezionale, tanto da ricevere l’onore di portare la carica da demolizione della squadra.
Atger si riteneva sicuro:
Al minimo cenno di pericolo, Barrett ed i suoi non avrebbero mancato di svegliarli.
Si mise contro un albero e chiuse gli occhi, sperando che nella notte così come nel giorno non accadesse nulla di significativo.
“Sergente, sergente!
Maledizione sergente, si svegli!”
Jonathan aprì gli occhi, trovandosi a poche spanne dal viso la faccia terrorizzata di Barrett intento a scrollargli debolmente le spalle.
Il sergente sobbalzò, liberandosi d’istinto dalla fiacca stretta del ragazzo per poi alzarsi in piedi.
“Che succede?”
Chiese brusco, scrollandosi forzatamente di dosso il sonno e la stanchezza.
Il poco tempo che avevano per riposare era destinato a finire, e benché non avesse dormito nemmeno due ore, la voce dell’esperienza lo aveva rapidamente convinto a farsene una ragione.
Gli altri dormienti fecero altrettanto.
“Astartes caotici, signore…
Ci hanno visti mentre ero di ronda con Mike e Furia e ci hanno inseguiti per un lungo tratto, ma poi dobbiamo averli seminati.
Sono certo che siano vicini, sergente…”
Atger osservò con fierezza i due soldati rimasti di guardia già pronti ad utilizzare il poderoso cannone laser montato abilmente sulla propria impalcature.
Annuì con apprensione mentre accendeva un sigaro appena estratto dal taschino, poi prese la propria spada a catena e ricontrollò la pistola plasma riposta in una fondina legata alla gamba destra.
Dei proiettili si piantarono nelle cortecce degli alberi morti, spaccandole senza trovare resistenza.
Uno di essi cadde non molto lontano da loro, smuovendo polvere e foglie secche.
“Arrivano!”
Gridò qualcuno, il cui urlo si perse nell’immensa foresta che era Strige.
I ragazzi addetti all’arma pesante abbatterono il più avventato dei caotici, che tentò un rischioso assalto frontale alle guardie imperiali rimaste compatte:
La sua vita si spense miseramente, sotto il raggio laser del cannone, il suo corpo bucato come una tela cucita da un ago.
Un altro caotico uscì dagli alberi al loro fianco sinistro, ma subì il fuoco a cadenza rapida proveniente dal fucile di Barrett e precipitò a terra come il suo stolto predecessore.
Un gruppo più consistente li attaccò alle spalle, essendo riuscito ad aggirare i servi dell’Imperatore sfruttando a proprio vantaggio la fitta boscaglia.
Barrett lanciò la propria carica verso di loro, voltandosi per prima dopo averne udito i pesanti passi.
La bomba finì davanti alla squadra da combattimento caotica, esplodendo senza però provocare morti:
Riuscì però a rallentarli dando occasione ai tre cetriani addetti ai termici di fondere gran parte di quegli eretici nelle proprie armature, che benché resistenti, non potevano offrire protezione alcuna contro un fucile di tale potenza.
Furia ed Atger si lanciarono all’assalto contro i sopravvissuti:
Atger li finì senza pietà con la propria spada a catena, mentre Flames tentò di colpire un caotico bloccato da un tronco crollatogli addosso trafiggendolo alla gola con la baionetta innestata sul fucile.
Egli però la anticipò, lanciando contro di lei uno sporco coltello facendo appello alle proprie ultime forze prima di spirare.
La donna venne colpita allo stomaco e cadde a terra, ignorata dai compagni troppo impegnati nel combattimento.
Il sergente venne però sorpreso da un altro astartes, che gli saltò addosso rivelandosi tra i rami:
Jonathan fece in tempo ad estrarre la pistola plasma e a premere il grilletto contro il bersaglio pericolosamente vicino.
Lo scoppio ravvicinato lo spedì a terra, lasciandolo gravemente ustionato su tutta la parte superiore del corpo.
“Argh!
Barrett, ragazzo!
Ce ne sono ancora?”
“No, signore..”
Rispose una voce spaventata di fianco a lui.
“Dannazione, vieni qui”
“Mi dica, signore…”
“Il sigaro.”
“Che cosa?”
“Il fottuto sigaro!”




Parte XII
Allart era seduto ai piedi del proprio letto, uno dei pochi ancora utilizzabili del vecchio centro di comando recuperato, e, per quanto fosse stato possibile, rimesso a nuovo dai Cetriani.
Osservava il pavimento rovinato e spaccato della piccola stanza, le cui pareti spoglie e grigie erano evidenti testimoni di un conflitto a fuoco svoltosi al loro interno chissà quanto tempo prima.
Per una persona claustrofobica, quella buia stanzetta sarebbe stata un’inferno, eppure era la più accogliente tra quelle sopravvissute alle guerre di Strige.
Probabilmente era stata progettata per ospitare ufficiali di basso rango, ma non aveva il coraggio di lamentarsene, pensando a tutte le squadre di soldati costretti a dormire in gruppi di dieci in un’ unica tenda.
La porta automatizzata si aprì stridendo, bloccandosi per alcuni secondi prima di ritirarsi completamente nella parete.
Lola lo raggiunse zoppicando lievemente, fermandosi poco dopo ad osservarlo.
Inizialmente, quando lei era appena arrivata nel reggimento, si era scoperto più volte ad impietosirsi per la faticosa camminata a cui era stata costretta sin dall’adolescenza, ma in seguito essa era divenuta una vista comune e la pietà si era tramutata in ammirazione.
Chi poteva affermare di avere una forza d’animo maggiore della sua senza mentire?
La salutò con un lieve sorriso, alzando lo sguardo per ridirigerlo in sua direzione.
“Come stai?”
Gli chiese affettuosamente, sistemandosi al suo fianco.
Allart scosse la testa e si passò una mano tra i capelli, fermandola sulla nuca per alcuni secondi.
“Beh, bene…
Ma ci sono troppe domande ancora senza risposta, e questo mi preoccupa.”
La commissaria inarcò le sopracciglia.
“Talvolta le risposte corrette sono quelle più evidenti”
Si limitò a rispondergli, lasciando intendere il proprio appoggio per la frase del prete reggimentale.
Allart non riuscì a trattenere una risatina, prodotta più per nervosismo che per divertimento.
“Oh, credi davvero che il grande Dio Imperatore, Signore di tutti noi miseri vermi abbia voluto scomodarsi dal proprio imponente trono per salvare la vita a me?”
La fissò negli occhi, e anche se le sue parole erano critiche, era evidente quanto cercasse disperatamente una risposta all’interno di essi.
Lola però non replicò in alcuna maniera.
“Tu credi che Lui ci protegga…
Ma dov’era quando nostro figlio è morto?!”
Proseguì alzando la voce, lasciandosi prendere dalla foga.
“Adesso basta!”
La donna si alzò in piedi di scatto, pugnalata con nuova forza ad una ferita da troppo tempo lasciata aperta a sanguinare lacrime.
Allart chinò lentamente il capo, realizzando di aver superato il limite con la frase precedente.
Poggiò una mano sulla coperta sgualcita.
“Scusami…”
Alzò poi lo sguardo, incontrando quello rabbioso ma al contempo fragile della commissaria.
Lola non rispose, così si alzò in piedi a sua volta e le si avvicinò.
“…Ricordi quel discorso che rimase inconcluso quando tu partisti per Castrum Pretorio?”
Lei annuì poco convinta, sorpresa, forse quasi infastidita, dall’apparente cambio di argomento.
Tuttavia non protestò, bloccata da una punta di curiosità.
“Beh… Sento il bisogno di concluderlo.”
Lo osservò, sempre più interessata.
“Quello che volevo dirti era che…
Sentivo una voce.
Mi parlava, mi proponeva di… avverare i miei desideri.”
Si fermò per chiedersi ed osservare quale sguardo avesse assunto Lola in quel momento.
“E…
E io gli ho chiesto di lasciarmi stare.
Non mi sono interessato alle sue proposte, ho soltanto desiderato che sparisse.”
Un barlume di comprensione si accese negli occhi della commissaria.
“… Mi ha detto che ci sarebbe stato un prezzo da pagare, ma non mi ha voluto dire quale…
Non ho nemmeno acconsentito, ha…
Ha fatto tutto da solo…”
La voce gli si spezzò, portò una mano al viso per coprire le lacrime divenute ormai inevitabili a causa della tensione.
Sentì un lieve dolore alle costole provocato dalla ferita, ma la pressione del momento glie lo fece ignorare.
“Non…
Non ne sono sicuro, ma credo che…”
Non finì la frase.
Aveva capito.
Probabilmente se ne sarebbe andata, pensò Allart, se quella non fosse stata anche la sua stanza.
“Io non…
Non ho mai saputo che cosa avrebbe voluto, né tanto meno ho mai accettato di pagare un prezzo sconosciuto e…”
Ormai stava quasi iniziando a cercare giustificazioni.
Lola non lo ascoltava, mentre andava avanti a parlare, limitandosi a riorganizzare a sguardo basso le molte idee confuse che si era potuta fare con la spiegazione fornitale.
Per quanto le era stato insegnato nel corso di quattordici anni di addestramento, la soluzione al problema si poneva semplice ed efficace:
Per i giuramenti fatti al Lord Militante e all’Imperatore, avrebbe dovuto porre fine all’apparente delirio del compagno senza indugiare.
Ma non avrebbe potuto farlo.
Non ne avrebbe avuto la forza né il coraggio.
Egli rappresentava tutto ciò che esisteva per lei al di fuori della guerra per cui era stata così minuziosamente preparata.
Neppure sentì il bisogno di chiedersi se fosse davvero pronta ad ignorare i propri sacri voti, per prendere una decisione.
Inoltre, era certa che non fosse pazzo né posseduto.
Benché agitato, Allart conservava una sorta di lucidità, sufficiente a mostrarsi convincente con le proprie parole.

“…E poi…”
“Beh”
Lo interruppe lei
“Ormai…
Ormai è successo, e probabilmente doveva andare così..
Non credo che sia stata la tua voce a far rivoltare quei vermi.
E…
Posso avere idea di quanto sia strano il destino, a volte.
So benissimo che non avresti mai barattato la vita di tuo figlio e quella del tuo migliore amico per niente al creato…
Ma…
Mi rammarico che tu abbia voluto affrontare quanto accaduto da solo.
Voglio dire…
Ti sarei stata vicina, lo sai.
Come sempre.”
La fissò con gli occhi sbarrati.
Gli faceva quasi paura la forza interiore di quella donna, e la lucidità e la freddezza con cui era riuscita ad affrontare un argomento del genere.
Fra tutto ciò che Allart si sarebbe potuto immaginare…
Sicuramente, non aveva previsto una simile reazione.
Se non altro, poteva dire di essersi tolto un peso dallo stomaco, in un modo o nell’altro…
Finalmente aveva trovato il coraggio per cessare di nasconderglielo.
Perché mentire a lei, l’unica persona rimastagli di cui potersi fidare?
Lola gli mise una mano sulla spalla.
“Vorrei dirti di dimenticarci tutto, ma…
Temo non sia possibile.
Voglio che tu sappia soltanto una cosa.
Non ti devi prendere la colpa di quanto è successo…
Se mi hai detto il vero, non può esistere nulla di cui colpevolizzarti se non…
Di avermi nascosto quello che ti stava succedendo.
E sai che non ti conviene riprovarci”
Per quanto lei volesse essere seria, riuscì a strappargli un sorriso.
“Doveva andare così…”
Si ripetè Allart in maniera impercettibile, quasi attaccandosi a tale frase come alla soluzione del problema.
"Lola...
Devi farmi una promessa.
Non ho idea di cosa mi sia successo, e la voce è sparita da quel giorno fatidico.
Credo che questa storia sia finita qui...
Ma in ogni caso, fai attenzione ai miei comportamenti.
E, se sarà il necessario...
Fa ciò che devi."
Lola si morse il labbro inferiore, poi annuì.
Certo, avrebbe vegliato su di lui, ma probabilmente, nel momento in cui sarebbe stato necessario premere il grilletto, avrebbe infranto anche quella promessa.


Parte XIII




Perché ci ha portati qui, commissario?
Siamo soli…
E…
Non abbiamo speranze…”
Furia gli pose tale domanda con un filo di voce, fissandolo con occhi spenti da uno dei lettucci dell’ospedale da campo.
La ferita che si era procurata nella foresta non era stata curata con altrettanta prontezza di quella di Allart, ed erano passati giorni prima che la squadra di sentinelle tornasse al campo base con la donna ferita, per la quale rimaneva ormai ben poco da fare.
Il sergente Atger invece era stato più fortunato, procurandosi delle gravi ustioni sul tronco e sul viso ma riuscendo comunque a sopravvivere con l’ausilio di alcuni impianti di protezione.
“Perché ci è stato ordinato, Selene.
Non c’era molto altro che potessimo fare:
Avevano bisogno di carne da macello per rallentare i Tau ed il chaos, e noi siamo la Guardia Imperiale.
E’ nostro onore e destino…
La gloria è per altri.”
Lei lo osservò con aria quasi delusa.
“Ma…
Ma lei non li ha mai seguiti, gli ordini.
Quelli assurdi, intendo.
E’ per questo che tutti qui la ammirano così tanto…”
“Ed è per questo che tutti là mi detestano con altrettanta foga.”
Le rispose secco, alludendo agli adepti del ministrorum con i quali più di una volta era giunto a discussioni non troppo pacifiche.
“Adesso capisci, Selene?”
La Guardia annuì debolmente, prima di indicare con sommo sforzo la propria saccoccia riposta ai piedi del letto.
Non aveva voluto separarsene per alcuna ragione.
Allart la prese e la aprì, sotto lo sguardo della giovane morente.
“Dovrebbe…
Dovrebbe esserci un libro, lì dentro.”
“Un libro?”
“…Sì.
Un libro di memorie.
Può essere il primo a leggerlo, se vuole…”
La guardò impassibile, estraendo uno scarno tomo dallo zaino.
“Lo pubblichi, Commissario.
Era il mio sogno…”
“Dubito che sarà possibile, Furia”
Rispose realisticamente
“A meno che tu non abbia scritto un sacco di cazzate.”
Si guardò intorno, al fine di assicurarsi che nessuno avesse udito quanto aveva appena detto.
La donna sorrise, interrotta subito da una fitta di dolore.
“Ad ogni modo…
Farò ciò che posso, Furia.”
“Commissario!”
Lo richiamò una sorella dell’ordine ospedaliero, catturando la sua attenzione.
"Commissario, sarebbe l’ora di…”
“Ho capito.”
Replicò, notando la presenza di padre Abraham al fianco della donna ingrigita.
“Devo andare...”
Rivolse un’ultimo sguardo alla sottoposta prima di andarsene stringendo il libro tra le mani.
“Una vita per l’Imperatore”, lesse sulla copertina.
Una vita che stava per spegnersi, pensò con rammarico.


Parte XIV



Allart ripose il vecchio rasoio sul lavandino arrugginito, posando poi lo sguardo su quei peli trascurati per settimane da cui aveva finalmente liberato le proprie guance.
Osservò poi il proprio riflesso nello specchio d'innanzi a sè, arrestandosi a fissare l'immagine dei propri occhi con fare inquisitorio, come se fosse stato alla ricerca di qualche piccolo dettaglio nascosto all'interno di essi.
Sbuffò ed uscì dallo stanzino.
Le solite pareti grige e vuote si presentarono a lui, fredde ed impersonali come sempre: davano realmente l'impressione di essere le mura di una cella di galera.
Sapeva però ignorare l'inospitalità della camera, forse tornando con la memoria alle notti passate nascosto in un buco di fango, o magari preso dalla consapevolezza che essa era comunque il meglio che il centro operativo avesse da offrire ai propri ospiti.
Aveva colmato il vuoto che essa produceva grazie alla compagnia di Lola, ma adesso che lei era lontana, impegnata nel vivo dell'azione, la stanza era tornata quella di sempre:
Un luogo tetro e silenzioso, morto.
Allart grugnì nervosamente, rammaricandosi di non poter essere laggiù a dirigere le proprie truppe.
Purtroppo per lui, le ferite gli impedivano di farlo, pur se il riposo, con suo sommo sollievo, sarebbe durato ancora per poco:
era già in corso la mobilitazione di dieci compagnie del 17° verso Caesar Superior per respingere l'imminente attacco alla città formicaio che sarebbe stato portato dalle forze caotiche rafforzatesi nel settore, e per l'Imperatore, lui li avrebbe seguiti!
L'Imperatore...
Uomo elevato a Dio che in quelle ore di solitudine aveva occupato i suoi pensieri assieme alla preoccupazione per la compagna.
Non fu forse l'Imperatore l'Imperatore colui che sacrificò le proprie spoglie mortali affinchè migliaia di generazione vivessero in relativa tranquillità, protette dalla morsa opprimente del caos?
Non era egli il faro dell'Astronomican, senza il quale l'Imperium dell'uomo sarebbe inevitabilmente crollato sotto il proprio peso, sconfitto dalle proprie stesse dimensioni?
Certo che sì.
E chi, se non l'eterno custode del genere umano, poteva averlo salvato da un impatto che avrebbe facilmente frantumato un carro corazzato?
Continuava a ritenere il suo un culto esasperato dall'ecclesarchia, ma non poteva più nascondersi la rinata ammirazione che aveva ripreso ad ardergli nel petto per quel grande uomo che anche nella morte carnale continuava a tenere uniti gli uomini sotto un'unica bandiera.
Si sedette sul letto sfatto, sopra al quale aveva posato in precedenza il libro vergato dalla defunta milite Selene Flames.
Furia, come era stata nota in tutto il reggimento.
Lo raccolse ed iniziò a sfogliarlo lentamente, preso da un moto di curiosità: Non vi trovò che il riassunto delle battaglie combattute nel tempo e parole di elogio nei propri confronti.
Se quello era il modo con cui lo vedevano i sottoposti, pensò, poteva ritenersi soddisfatto del proprio insolito operato.
Sapeva meglio di chiunque altro che in un evo oscuro come quello in cui si trovava la moralità era un lusso inarrivabile, ma non aveva mai approvato gli smodati sprechi di vite troppo spesso messi in atto da numerosi suoi pari.
In tale modo si era guadagnato il rispetto della truppa ed il dispetto degli ufficiali: La differenza stava nel fatto che nel mezzo dello scontro di sarebbero stati i primi a guardargli le spalle, mentre gli altri sarebbero rimasti per giorni dietro ad una scrivania in attesa di sue notizie.
Aveva sempre disprezzato tale tipo di comandanti, essendo profondamente convinto che il buon esempio dovessere essere dato dalla prima linea.
Immergendosi nuovamente nella lettura, le scene di guerra abilmente descritte tornarono vive nella sua mente, tanto che più di una volta si interruppe catturato dai ricordi, fossero essi tremendi o gloriosi.


Parte XV



La notte di Valar venne illuminata per l'ultima volta dalle luci rosse prodotte da un aeromobile Vendetta in fase di atterraggio.
Un numero elevato di addetti rivestiti con spesse tute imbottite correvano freneticamente sulla piattaforma d'atterraggio imperiale scudo celeste YJ2110 dagli scudi abbassati, mentre una decina di Guardia Imperiali addobbate con la divisa della FDP Faarisiana si metteva in fila davanti al trasporto.
Tra di esse figurava un ufficiale riconoscibile soltanto per il berretto appuntito, la pancia rotonda ed il vecchio viso dai folti baffi sbiancati.
Probabilmente non aveva mai sparato in vita sua.
Il portellone del Vendetta si aprì senza rumore ed i soldati scattarono sull'attenti.
Dopo alcuni secondi uscì una figura avvolta in un pesante cappotto da commissario che respirò a pieni polmoni l'aria dello spazioporto Amus Da3, la schiena retta come un'asta di ferro.
L'ufficiale si sistemò il berretto distintivo con la mano destra, prima di voltarsi verso gli altri passeggeri del velivolo ancora imbarcati.
Il commissario tese una mano nell'oscurità all'interno del vendetta, il vecchio ufficiale rimase spiazzato per alcuni secondi senza comprendere cosa egli stesse facendo.
I suoi occhi grigi si posarono sul volto giovane ma consumato del commissario, che dopo aver aiutato una propria parigrado ad uscire dalle tenebre ricambiò lo sguardo con iridi spente.
Seguì poi un prete dell'ecclesarchia, vestito da un elegante abito completamente nero, con un'unica eccezione fatta per il colletto bianco della camicia.
L'ufficiale notò anche che egli portava una spessa fune stretta attorno alla vita, segno e strumento di eterna penitenza in nome dell'Imperatore.
Infine fece la propria comparsa una squadra di fanti scelti, le cui armature marine erano vere e proprie stelle nelle tenebre.
I passeggeri si trovavano a meno di dieci metri dalla truppaglia planetaria, umiliandola con il proprio solo aspetto: Erano gemme confrontate a pietre.
Il Faarisiano esitò per alcuni secondi, intimorito al pensiero di doversi rivolgere a figure tanto nobiliari e distanti dall'ordinarietà dei comuni soldati imperiali.
"Bentornato su Valar, Commissario"
Esitò.
"Le mie... Le mie truppe saranno onorate di scortarvi fino a Caesar Superior per il breve tragitto che ci separa dalla città formicaio.
Questa ovviamente è...
E' solo una delle squadre del plotone che vi attende all'uscita dello spazioporto.
Ipotizzo inoltre che desideriate visitare il sito di lancio del missile Vortex prima che gli ambasciatori del governante Navarro vi accompagnino ai vostri alloggi che il nostro amministratore si è preoccupato di preparare personalmente."
Il codice di sicurezza per l'autorizzazione al lancio del missile gli era stato comunicato per vie traverse dal dipartimento munitorum nei giorni precedenti.
Il commissario annuì.
"Vi ringrazio per il benvenuto, Luogotenente Harris.
Ovviamente, intendo visitare la postazione."
Parlò con tono inespressivo, con la voce tipica di un uomo abituato a vedere i propri ordini eseguiti senza discussioni.
Dopo di che si indirizzò con disinvoltura verso le scale poste sulla colonna nordica dello Scudo Celeste, seguito dall'intero convoglio.
"Ma ditemi, quali novità su Valar?"
"Poco da dire, Commissario.
Le forze del disordine si sono rafforzate terribilmente nel settore, tanto da mettere in pericolo la nostra principale città formicaio.
La maggior parte delle comunicazioni con le forze stanziate nel settore sono state interrotte ed impossibilitate ad essere ristabilite, l'assalto alla città è ormai imminente."
Questo Allart lo sapeva bene, ma aveva desiderato comunque che la Guardia gli facesse per l'ennesima volta il punto della situazione.
Le indicazioni ricevute era chiare e semplici: Vincere, ad ogni costo e con qualsiasi mezzo, e la spaventosa arma di distruzione di massa di cui era stato fornito sottolineava indelebilmente i voleri del Lord Comandante del settore.
Inoltre, le aspettative e la fiducia degli altri comandanti che si era guadagnato con il sangue dei propri uomini turbinavano su di lui come spettri irrequieti.
Iniziava ad avere un nome da tenere alto, dopotutto, e le numerose vittorie e medaglie ottenute nel corso di quella guerra ne erano la prova.
Non si era mai esaltato, però, ricordando la promessa fatta ai propri sottoposti:
Li avrebbe riportati a casa sani, salvi ed eroi.
Era quello che augurava a tutti loro, pur sapendo che la battaglia imminente sarebbe stata come una partita ad un gioco d'azzardo:
Avrebbe cercare di vincere la salvezza di milioni di anime mettendo a rischio quelle dei propri devoti soldati.


Parte XVI



I fanti Cetriani erano schierati sulle cime o all’interno degli edifici cittadini quando la marea di veicoli caotici giunse rombando tra i colpi d’artiglieria, che falciava al loro posto la servitù rinnegata, usata come prevedibile in qualità di copertura movente.
Dove i colpi cadevano, creavano ampi crateri colmi di cadaveri, che venivano riempiti nuovamente da altri cultisti nel giro di pochi secondi.
Di tanto in tanto uno dei veicoli della banda da guerra che aveva provocato l’insurrezione esplodeva uccidendo i passeggeri e gli uomini che gli stavano attorno, ma altri adoratori degli dei oscuri giungevano immediatamente ad occuparne il posto, calpestando senza pensieri i cadaveri di quelli che erano stati loro alleati.
Quando furono sufficientemente vicini, però, anche i corazzati nemici presero a far fuoco contro gli edifici di Caesar Superior, che troppo spesso crollavano schiacciando i propri impotenti occupanti: Fu a quel punto che molti squadroni di Vendetta e Valkyrie fecero la propria comparsa, sfrecciando dai fianchi delle mura cittadine e abbattendo con pari efficienza carri e fanti.
I rottami nemici avevano creato un caotico ingorgo in cui i loro trasporti si erano dovuti fermare, e la fanteria era costretta ad uscire per sciamare tra le carcasse fumanti dei veicoli nel tentativo di raggiungere la città.
Dall’alto di un palazzo in rovina, Allart aprì il proprio comunicatore mettendosi in contatto con il commissario Jonerg, assegnato alla supervisione del missile Deathstrike preparato all’esterno della città.
“Commissario!”
Gridò alla minuta radiolina cilindrica, interrotto da un fastidioso disturbo nelle frequenze Imperiali.
“Sganciate il missile Vortex.
Coordinate 41° 53’ 24-Bzzzzzz- 9’32” O
“Può ripetere, comandante?”
Allart trattenne l’istinto di lanciare a terra l’apparecchio insieme ad una o due bestemmie.
Lanciò una rapida occhiate alle truppe caotiche che stavano riuscendo a superare il blocco, realizzando come non fosse possibile perdere altro tempo a sganciare il razzo.
“41° 53’24 N, 12° 29’32” O!
“Ricevuto, commissario.”
La risposta calma e temperata dell’altro non contruibì che ad innervosirlo ancora di più.
Passarono dei lunghi istanti prima di poter udire il rimbombo provocato dal lancio del missile.
Esso sfrecciò come una cometa sulle loro teste, infrangendosi davanti alle porte di Caesar Superior con l’ira stessa dell’Imperatore.
D’un tratto la tensione svanì, non appena fu possibile realizzare che tutto fosse andato come previsto:
Ma svanirono anche innumerevoli fanti e veicoli nemici, coinvolti nella tremenda esplosione che scosse tutti gli edifici della città formicaio.
Tuttavia l’attacco proseguì.
La realtà squarciata dalla testata inghiottì però numerosi nemici incauti,e l’intera armata caotica dovette inchiodarsi di fronte all’enorme cratere a causa del timore rapidamente instauratosi nel cuore dei servitori umanoidi.
Dopo alcuni istanti, si decisero ad aggirare il chilometrico cratere per attaccare entrambi i fianchi delle mura, venendo però prevenuti dai soldati paracadutati dagli aeromobili sovrastanti che iniziarono a sparare ancora in volo sulle formazioni nemiche.
Una granata finì sul motore di uno scorpione d’ottone in carica sul fianco sinistro, provocandone l’esplosione incondizionata che creò una breccia nelle difese lealiste.
A tal punto, cultisti a Astartes non persero l’occasione di entrarvi come un torrente in piena, seminando morte tra i difensori colti alla sprovvista.
“Che facciamo, adesso?”
Chiese qualcuno alle spalle del commissario.
“Semplice”
Rispose lui
“Gli andiamo incontro.
Il varco in cui possono passare è relativamente stretto, possiamo contare quindi su un notevole vantaggio numerico…
Per quanto geneticamente superiori, sono in numero ridicolo al nostro confronto.
Trasmettete questo messaggio a tutte le truppe non più lontane di noi dal varco”

Chiaramente, nella zona attorno al passo gli scontri si erano fatti più feroci, e nonostante anche altre zone della città fossero cinte d’assedio, gli sforzi del caos si erano concentrati quasi interamente su quel punto.
Grave errore, visto che soltanto pochi di loro potevano accedere per finire esposti alle armi delle squadre a difesa.
Allart sparò ad un Astartes caotico in corsa verso di lui, colpendolo al collo privo di corazza.
Un cultista alle sue spalle lo attaccò, saltando verso la sua schiena con un pugnale stretto in mano.
L’urlo di Lola lo avvertì del pericolo imminente:
Sì voltò, colpendolo sul mento con la pistola.
L’avversario capitolò a terra e venne finito da un rapido colpo di requiem mentre i suoi compagni giungevano direttamente dal caos nella breccia.
Ne stavano entrando troppi, qualcosa non aveva funzionato come avrebbe invece dovuto fare.
Decapitò il più vicino con la propria spada, prendendolo poi per la divisa logora ed usandolo come scudo per la raffica di colpi lanciata da due suoi commilitoni.
Getto il cadavere martoriato in loro direzione e li caricò, mozzando una mano armata che puntava in sua direzione.
Essa cadde a terra, in nervi si contrassero ed i suoi spari colpirono la gamba destra di un altro caotico, facendogli perdere la mira e facendolo cadere in ginocchio per ricevere una pallottola in mezzo agli occhi sparata dal commissario di fronte a lui.
Il cultista monco però lo colse alla sprovvista, saltandogli addosso e facendolo rovinare a terra nella polvere.
Allart sentì il suo unico pugno rimasto sbattergli sulla fronte per due volte, prima di riuscire a bloccare il colpo e a liberarsi dell’assalitore con un malrovescio sul volto.
Esso indietreggiò stordito, ed il comandante Imperiale ne approfittò per cercare di recuperare la spada e la pistola cadute a terra, ma venne investito da un calcio allo stomaco e cadde su un ginocchio.
Riuscì a vedere la propria lama abbattersi su di lui, crepitando energia:
La evitò con una capriola, si rialzò e colpì il degno avversario con la punta dello stivale sul retro del ginocchio.
Lo osservò cadere prima di strappargli la spada dalle mani e piantargliela nella gola.
Egli spirò con un inquietante sussulto, gli occhi fuori dalle orbite che fissavano il commissario carichi di odio represso.
Cancellò l’immagine dalla propria mente, prima di voltarsi per colpire alla vita un altro servitore degli dei oscuri pericolosamente vicino.
Il suo mezzo busto cadde sul fianco mentre l’ufficiale avanzava sui suoi resti inferiori, calpestandoli con disprezzo.
Un distante campione del caos gli ruggì la propria sfida, avvicinandosi a lui a grandi passi facendosi largo tra cultisti e guardie imperiali con eguale disprezzo:
Lui si fece avanti senza pensarci due volte.
Probabilmente sarebbe morto, ma almeno lo avrebbe fatto dignitosamente e senza mostrare paura ai propri soldati.
Era lì per dare loro l’ispirazione a compiere grandi gesta, dopotutto, come poteva scappare?
Per un attimo si sentì già morto, osservando l’imponente avversario di fronte a lui.
Sul petto ostentava una grande stella ad otto punte, al cui centro si trovava l’occhio di Horus il traditore, loro falso profeta.
La sua armatura era grigia, arrugginita e mostrava i segni evidenti di numerose risaldature, la gamba destra si presentava invece annerita, probabilmente a causa dell’esplosione del proprio trasporto.
Allart evitò il primo assalto della sua spada a catena scartando di lato, attaccando poi la mano che la stringeva.
Un cultista lo assalì alle spalle, impedendogli di portare a termine il proprio intento.
Qualcosa di freddo gli trapassò la schiena, un coltello, probabilmente.
Tossì rumorosamente scrollandoselo di dosso e si scansò appena in tempo per far finire su di lui la spada a catena del campione.
Quello rimase spiazzato per alcuni istanti, mantenendo la lama ronzante nel corpo senza vita del cultista che si muoveva spasmodicamente mentre il varco aperto nella sua carne si allargava sempre più rapidamente.
L’ astartes estrasse l’arma dal suo corpo con un rumore secco di ossa spezzate e la sollevò fin dietro alla testa, caricando il colpo diretto al commissario.
Questi riuscì però a piantargli la propria spada nella gola,facendogli mollare la presa con un lamento strozzato.
Con sua somma sorpresa, però, il campione rimase in piedi e lo strinse a sé facendo appello alle proprie ultime forze nel tentativo di spezzargli la schiena.
Dovette affrettarsi a decapitarlo, finendo a terra assieme al suo cadavere.
Riuscì a sparare ad un cultista in carica malgrado la vista appannata dal sangue, e rialzandosi arrancò sul campo di battaglia, confuso dalla vista arrossata e addolorato dalla ferita al dorso.
Un’altra esplosione dilagò nel varco caotico della città, catturando l’attenzione di tutti i combattenti.
Le macerie dei palazzi e delle mura capitolarono sul passaggio, schiacciando quei nemici intenti ad entrare nel cuore dello scontro e chiudendo definitivamente l’unica entrata a Caesar Superior.
Allart sbattè energicamente gli occhi nella speranza di riacquistare la vista, adesso protetto da un nutrito gruppo di fanti avanzato in sua difesa.
Sparò assieme a loro all’orda di cultisti in avvicinamento, ma non potè sapere se i suoi colpi andarono a segno oppure no: Semplicemente non poteva fare altro.
Era evidente come i Marines già pronti ad andarsene si erano serviti per l’ultima volta dei propri sottoposti per rallentare l’inseguimento delle guardie Imperiali:
Tutto si sarebbe risolto senza problemi entro poche ore.
“Alza quello stendardo, ragazzo, più in alto!”
L’urlo di Lola non poté non strappargli l’ennesimo sorriso.


Parte XVII



Dopo aver difeso con successo Caesar Superior, i Cetriani di rientro su Strige furono informati che le città di Ecathè e Paenumbra I erano invece cadute in mano agli eldar.
Al di la del malumore per le sconfitte riportate dalle forze dell’Imperatore, le battute autocelebrative non erano affatto mancate all’interno del gruppo d’armata e nessuno degli ufficiali si era posto il problema di reprimerle, molti cercarono anzi di accendere ulteriormente l’animo delle guardie Imperiali.
Nonostante le perdite e le cattive notizie, il morale era tornato alle stelle dopo tanto tempo.
Mancavano poche miglia al centro operativo in cui si erano stabiliti quando i piloti dei loro aeromobili scorsero la presenza di alcuni rhino caotici di una banda da guerra mai incontrata in precedenza:
Non esitarono a fare fuoco, tuttavia i nemici risposero prontamente abbattendo il Vendetta su cui erano imbarcati Allart, Lola, Padre Abraham e la loro squadra di fanti scelti.
Ne avevano forse riconosciuto l’araldica?
Uscirono rapidamente dai rottami del proprio trasporto per trovarsi di fronte cinque prescelti che ostentavano le insegne del dio della corruzione.
I fucili folgore e le pistole requiem ruggirono loro in un coro di morte a cui soltanto due fortunati riuscirono a sopravvivere trovando riparo dietro le macerie di un vecchio carro da trasporto, solo per venire poi falciati dai bombardamenti dei Valkyrie di fianco.
Un secondo vendetta giunse in loro aiuto, demolendo un lontano rhino ricoperto di macabri trofei, evidente trasporto personale di un importante guerriero.
Otto berserker fuoriuscirono dai detriti urlando la propria collera e mulinando in aria le proprie chiassose asce a catena.
Assieme ad essi si scorgevano uno stregone ed un condottiero rivestito da una lunga veste marmorea lorda di sangue, sulle cui spalle svettava una strano congegno simile a quella del ricercato Fabius Bile, visto più volte sui manifesti imperiali.
Un rumore della potenza di un tuono distolse l’attenzione di Allart dai comandanti nemici:
Con uno schianto sinistro, il campione dei berserker esplose orrendamente disperdendo schegge di armatura e ossa sul terreno erboso.
Nell’ agglomerato palpitante di carne rimasta, qualcosa iniziò a prendere forma:
Dai resti spuntarono corna uncinate e si formarono bulbi simili a perle.
I tendini squarciati si fusero e si attorcigliarono, dando forma a quattro braccia sinuose che terminavano con chele acuminate.
La custode dei segreti si elevò e lo guardò con occhi rilucenti, la pelle eburnea vibrava di energia ultraterrena e seta eterea le lambiva il corpo.
Il convoglio caotico si diresse verso di loro mentre lo stregone utilizzava i propri poterli oscuri per avvicinarli, ma un rhino tagliò loro la strada.
Da esso uscì un altro squadra di Marines imbracciando i propri fucili requiem.
“A terra!”
Gridò Allart ai suoi, ma molti non riuscirono ad udirlo e vennero investiti da una raffica di pallottole requiem.
Le loro vite si spensero in un tripudio di sangue ed ossa spezzate mentre gli Astartes corrotti sfoderavano le proprie spade a catena e lanciavano l’assalto.
Il commissario balzò in piedi, e così fecero i superstiti.
I fanti scelti vennero spietatamente lacerati dalle armi dei rinnegati nei primi istanti dello scontro, lasciando Allart e Lola da soli con Abraham.
Quest’ultimo riuscì a schivare ben cinque colpi prima di perire a dispetto della propria età:
Riuscì soltanto ad affidare all’ Imperatore la sua anima prima che la violenza dell’attacco caotico arrivasse su di lui e la donna al suo fianco, che dimostrò nuovamente la propria abilità con la spada evitando sinuosamente le armi che tuonavano attorno a lei.
Lola piantò la propria lama del petto di un traditore prima di centrare l’occhio di un suo compagno con la pistola stretta nell’altra mano.
Allart evitò una spada che fendette l’aria davanti al suo viso e spinse la propria in diagonale nel torace del suo possessore, penetrando senza resistenza entrambi i suoi cuori corrotti.
L’astartes cadde a terra privo di vita, l’energia dell’arma che lo aveva ucciso lo lacerò dall’interno.
Il commissario riuscì a vedere con la coda dell’occhio una sciabolata diretta al costato, balzando all’indietro all’ultimo momento.
La punta di una lama insanguinata accarezzò la sua divisa, squarciandola assieme alla pelle sottostante.
Cadde a terra, le foglie morte sotto di lui si lamentarono con un rumore secco che venne coperto dal ruggito delle spade caotiche.
Si rialzò con una capriola, ma venne colpito di striscio alla spalla sinistra da un maglio potenziato.
Cadde nuovamente, urlando per il dolore provocatogli dalle ossa frammentate.
Cercando di alzarsi si spostò appena in tempo per evitare un altro attacco diretto alla testa, ma esso gli travolse il braccio già dolorante spezzandolo in più parti.
Gridò ancora, non riuscendo più a sentire il proprio arto distrutto.
Lola balzò sul campione prima che egli potesse finirlo, piantandogli la spada nella coscia destra.
Riuscì anche a schivare il suo attacco di risposta, ma venne stesa da un pugno allo stomaco e cadde a terra con il fiato spezzato.
Il caotico le si avvicinò, spavaldo, e raccolse la sua arma potenziata con la mano libera, deciso ad umiliarla uccidendola con la sua stessa lama.
Allart tentò di attaccarlo alle spalle ricevendo una gomitata che gli spezzò due costole e lo rispedì tossente nella polvere.
L’avvenimento diede però a Lola il colpo di riprendere la pistola e sparare al collo scoperto del campione, la cui testa esplose vorticando per aria prima di cadere vicino ai compagni fermatisi a guardare.
Questi esitarono per un attimo, poi si lanciarono nuovamente alla carica mentre Lola si rimetteva in piedi a fatica, ancora sconvolta per l’urto subito.
Stringendo i denti per il dolore, Allart sfogò la propria frustrazione decapitando un altro caotico prima che il compagno di fianco a lui gli mozzasse il braccio già a pezzi con la spada a catena e lo spingesse al tappeto.
La commissaria si fece avanti nuovamente, distraendolo dal compagno, ma venne presa per un braccio e scagliata con semplicità contro la corteccia di un albero.
Il suo carnefice si avvicinò nuovamente a lui mentre il resto della squadra si dirigeva verso Lola.
Allart lo fissò stordito per il dolore, combattendo contro di esso per non svenire.
Tentennò per alcuni istanti cercando di aggrapparsi all’aria nel tentativo di mettersi in ginocchio mentre il nemico alzava lentamente la spada rubata in precedenza, deciso a godersi il suo dolore fino a fondo.
Probabilmente sognava già il suo cadavere impalato ad una rastrelliera di trofei, assieme a quello dei nemici caduti sotto i suoi colpi.
Lola venne scagliata di fianco a lui.
Era ancora viva, ma aveva una grande ferita aperta sul ventre e rigurgitava sangue in maniera copiosa.
Tremò per il terrore, sovrastato da quel gigante più antico della sua stessa stirpe.
Non era la prima volta che vedeva in faccia la morte, ma la prima che la temeva, scioccato dall’amputazione del braccio.
Tuttavia, alla vista della compagna sofferente trovò nuova energia, riassumendo una posizione eretta mentre infilava con forza la propria spada nel petto del nemico.
Il dolore svanì di colpo, lasciando spazio alla rabbia e all’eccitazione.
Uno degli astartes si fece avanti nuovamente, ma il commissario lo decapitò senza muovere un passo mentre una squadra guidata dal sergente Pentelias giungeva correndo in suo soccorso ed il resto dell’esercito caotico si affrettava verso la mischia sotto i bombardamenti delle gondole lanciamissili Imperiali.
Il sangue gli zampillò sulla faccia e lui si passò la lingua selle labbra lorde della calda linfa vitale dell’eretico.
Sentì le gambe cedere.
Mosse alcuni passi maldestri sul proprio posto, sorretto soltanto dalla volontà di non mollare.
Il vuoto rimasto al posto del braccio tornò a bruciare, offuscandogli la vista.
Alzò la spada, tenendola stretta in pugno, e la puntò verso i nemici.
Dei cinque caotici rimasti, due si scagliarono sul commissario postosi a difesa della compagna, mentre altri tre andarono verso la truppa, lacerando l’aria con le proprie spade.
Allart evitò il fendente orizzontale del primo caotico, mentre un suo alleato si dirigeva verso Lola con l’intento di finirla.
Mozzò il braccio del nemico che rovinò a terra, piantandogli poi la spada nel collo.
Combattendo la stanchezza, lanciò la propria arma al retro della gamba tesa dell’altro, colpendolo in uno dei pochi punti vulnerabili dell’armatura potenziata.
L’arto si staccò facendolo capitolare a terra, dove Allart, raccogliendo la pistola, gli inflisse il colpo di grazia sul retro della nuca.
I comandanti nemici e la custode dei segreti erano ormai quasi pronti a balzargli addosso quando due valkyrie fecero la propria comparsa dal lato destro del campo di battaglia, seppellendoli sotto i propri colpi.
Tirò un sospiro di sollievo e cadde a terra.
Sorrise poco prima di perdere i sensi, vedendo gli aeromobili alleati sfrecciare verso gli altri nemici.


Fissava infastidito il rimpiazzo bionico che gli era stato applicato durante il suo stato di incoscienza:
Dalla scapola sinistra sino alla punta delle dita, la sua carne era stata sostituita dal freddo acciaio.
Strinse il pugno artificiale e lo sbattè furiosamente contro il muro della propria stanza, la zona d’impatto venne contornata da crepe.
Qualcuno bussò alla porta, e lui si affrettò ad aprirla premendo il bottone collocato sulla parete.
Con il solito lamento metallico essa si ritrasse di scatto, impedendogli di nascondere la propria delusione quando si trovò davanti un tecnoprete dal lungo abito cremisi, colore di Marte.
“Il commissario trova la nostra operazione di suo gradimento?”
Gli chiese candidamente questo, ricevendo in cambio un’occhiata furibonda.
“Avrei preferito tenere il mio braccio.”
“Ma commissario, converrà con noi sul fatto che ormai non c’era più nulla da fare per il suo arto.
Mi sono assicurato personalmente che il suo nuovo impianto fosse quanto di meglio disponibile nel raggio di tutto il sistema…
Inoltre, se mi permette di dirlo, il suo rimpiazzo si dimostrerà molto più efficiente della debole carne e..”
In effetti si dimostrò tale quando colpì sul volto il tecnoprete con una forza che Allart non avrebbe mai immaginato di poter possedere.
Fece per rientrare, ma venne fermato da Szatovsky.
“Commissario, commissario!”
Il medico si fermò per alcuni secondi sulla soglia per recuperare fiato con un’espressione di trionfo dipinta sul viso.
Essa sparì quando notò l’adepto di Marte steso a terra con la faccia rincalcata nella testa metallica e l’espressione rabbiosa del superiore.
“Io non ho fat…”
Balbettò delle scuse colto da un principio di paura, ma Allart lo interruppe seccamente.
“Che cosa volevi dirmi?”
“La…
La commissaria sta bene, signore.
Avrà bisogno di un po’ di riposo, ma sono riuscito a salvarla…
Ancora.
Spero che questo possa…
Risollevarle il morale.”
“Non sa quanto, dottore.”
Gli diede una pacca sulla spalla con la mano bionica, ed un sorriso sinistro gli illuminò il viso quando il medico sobbalzò spaventato.



Parte XVIII


Il portellone del Vendetta si aprì con uno scatto violento, liberando il proprio carico alla nebbia del terzo sottosettore.
Fino a quel momento lo scontro era stata un lungo conflitto a fuoco nella bruma: Eldar, Tau e rinnegati si erano sparati alla cieca sino all’arrivo dei Vendetta Cetriani.
Aveva in precedenza stabilito una sorta di alleanza con gli Eldar dell’arcamondo Hera-tool che andava avanti da breve tempo e da cui aveva tratto grande profitto, riuscendo quasi nell’intento di recuperare il settore per l’Imperatore:
Nonostante le storie di compagnie astartes al confine del settore, era orgoglioso di poter affermare di aver fatto il grosso del lavoro, conducendo i vari scontri non con migliorie genetiche o grandi armature ma con il coraggio nelle vene ed una fiamma nel cuore.
Non avrebbero mai ricevuto nulla in cambio se non una medaglia di scarso valore, ma avevano dato una prova di forza:
Mandati su Strige per fungere da carne da macello, lo avevano invece praticamente riconquistato.

La nebbia si diradò, svelando come un segreto il comandante tau impegnato in un violento scontro con il sergente veterano Stravinsky.
Attese alcuni istanti e si recò lentamente verso di loro mettendo mano sull’elsa della spada.

Ehi!”

L’enorme armatura gettò da parte il veterano esausto per voltarsi verso di lui.
Si fermò sul posto e sfoderò con calma la propria arma.
Non c’era bisogno di parole, non si sarebbero capiti:
Tuttavia il Tau quel gesto lo comprese perfettamente.
Lo Shas’o lo osservò senza paura ed alzò il proprio fucile a fusione, sparando dopo alcuni istanti.
Il commissario balzò verso sinistra ed il colpo abbattè un albero alle sue spalle che cadde verso di lui.
Si affrettò verso il nemico per non venire schiacciato, avvertendo un leggero brivido scivolargli lungo la schiena quando l’arbusto si schiantò dietro di lui.
Balzò in avanti riuscendo a tagliare la canna del fucile nemico con la propria spada prima di ricevere un colpo di scudo che lo spedì a terra.
Il comandante nemico esitò, disarmato, in cerca di altro di cui servirsi mentre lui si rialzava, trovando infine la propria nuova arma in un fucile probabilmente appartenuto ad uno degli Eldar che avevano attaccato poco prima lui ed il suo seguito.
Allart gli fu addosso prima che potesse comprendere come sparare con l’arcana arma aliena, disarmandolo e piantandogli la spada ad energia nel torace dell’armatura.
La impugnò a due mani e la utilizzò per lacerare il rivestimento del comandante Tau, trovandosi davanti un esile alieno dalla carnagione grigiastra rigurgitante sangue.
La spada gli aveva aperto un lungo taglio orizzontale nel busto.
Lo afferrò senza grazia con la mano bionica e lo gettò per terra con disprezzo, scendendo poi dal rottame della Broadside abbattuta e approssimandosi lentamente allo Xeno agonizzante.
Estrasse la propria pistola requiem dalla fondina e glie la puntò alla testa che il nemico scosse energicamente con gli occhi sbarrati.
Lui rise riponendo l’arma al proprio posto.

Uh…
Siamo d’accordo.
Non ti sparerò.
Se preferisci…
Posso strangolarti.”
Rise ancora più forte quando si rese conto dell’incomprensione del guerriero del fuoco.

Il sole rischiarava il paesaggio boscoso di Strige, i cui alberi lasciavano le proprie foglie a danzare cullate da un fresco vento che le faceva apparire come onde di un mare in bonaccia.
L’aria mattutina, dolce e carezzevole come mai era stata in precedenza, infondeva una particolare tranquillità nella mente di Allart, che scrutava lo spettacolo naturale offerto dal settore Faarisiano dalla propria terrazza con un risorto sentimento di buon umore.
Non c’era che dire: Liberato dal fetore del caos, Strige non pareva più la spettrale foresta in cui si erano addentrati poco tempo prima ma uno splendido giardino delle meraviglie.
Non ad uno sguardo superficiale.
Le numerose colonie Imperiali erano ancora nelle stesse condizioni in cui vennero lasciate al termine della prima guerra, il fetore dei corpi dei cittadini ormai decomposti e preda di ratti e carogne di sorta si espandeva nel raggio di molte miglia dalle mura di quei luoghi fantasma.
Tuttavia la minaccia costituita dalle forze dei poteri perniciosi era quasi trascorsa, lasciando gli Imperiali a scontrarsi con i Tau per il destino del settore.
Almeno così comunicava il dipartimento munitorum.



Ma guardati”

Lo chiamò Lola alle sue spalle con un pizzico di divertimento nella voce

Gonfio di medaglie come sei non ti si riconosce neanche più.”

Le sorrise voltandosi, accogliendola tra le proprie braccia.

E’ bello vedere che stai bene”

Lei sospirò guardando a terra.

“… E tu?
Tu come stai?”

Allart fissò il proprio pugno artificiale ricoperto da un guanto scuro e dalla lunga manica della divisa.
Esitò per alcuni secondi prima di rispondere.
Stava bene?
No, non molto.
La perdita del braccio era stato un duro colpo per lui, e poteva considerare il piccolo contegno esteriore che si era dato una vittoria già di per sé, tralasciando quel piccolo inconveniente con il Tecnoprete.

Io…
Sono qui davanti a te, no?
Sta tranquilla.”

Lola annuì per niente convinta.

In fondo è questo che conta”

Gli rispose.


Parte XIX


Numerosi bossoli cadevano a terra, mentre l’otturatore emetteva un suono metallico sotto il ruggito costante.
Pioggia rossa bagnò il marciapiede e la pistola requiem intonò nuovamente la propria canzone.
Una canzone sentita per la prima volta tanti anni addietro…
Parlava di militari nelle trincee fra le risaie, di proiettili che infiammavano la notte nella giungla, di mitragliatori che gridavano nel vuoto…
Del Commissario Black, che, dopotutto, non voleva tornare a casa, che sperava che la sua guerra durasse in eterno…
Una ninna nanna arrivata sino a Chetow V, portata lì per addormentarne i rinnegati e i traditori.

Il silenzio della colonia veniva colmato solamente dal gracchiare dei corvi intenti a cibarsi delle carni caotiche, e, di tanto in tanto, dal rombo di un fucile desideroso di procurargliene di nuova.
Quella dei poveri cittadini si era esaurita da tempo.
I massacri perpetrati dalle legioni del caos nelle città di Strige gridavano ancora vendetta, le ossa dei Faarisiani giacevano rosicchiate agli angoli delle strade o impalate brutalmente sugli edifici, i cui vestiti laceri svolazzavano come tetri vessilli della vittoria degli dei oscuri.
Le mura degli edifici portavano addosso gli evidenti segni della strage:
Fori di pallottole, i morsi di spade a catena e rivoltanti macchie di sangue secco impregnate di terrore.
Il vento ululò passando tra le fredde costruzioni della città spettrale mentre un soldato urlava agli altri la propria scoperta.




Ehi, una bambina!
Cazzo, c’è una bambina qui!”




I suoi compagni di squadra si avvicinarono sorpresi.
Alcuni si fermarono ad osservare la scena, altri si misero di guardia nel caso qualche traditore si fosse dimostrato ancora in grado di sparare.
Nascosta dietro ad una tubatura, una fanciulla si stringeva le gambe contro il petto, dondolando con lo sguardo perso nel vuoto.
Aveva dei lunghi capelli biondi ed un viso impolverato che non riusciva a nasconderne i tristi occhi verdi.
Come aveva fatto a sopravvivere per tutto quel tempo da sola in una città fantasma?




Una bambina?”




Sì, sergente.
Avrà al massimo dieci anni e…
Sembra molto affamata”




Beh…
Che stai aspettando?
Tirala fuori, no?”
Il soldato annuì senza discussioni, avvicinandosi alla piccola mimando una sottospecie di sorriso amichevole.
Ehi…
Va tutto bene.
Iniziò lui.
Afferrala, caporale”
Lo incitò il sergente, deciso a non perdere troppo tempo prima di poter tornare ad occuparsi dei cultisti morenti.
Non aver paura.
Non ti faremo del male”
Le disse ancora, continuando ad accostarsi lentamente alla giovane sopravvissuta.
Sta tranquilla, va tutto bene…
Vieni fuori.”
Lei si ritrasse spaventata mentre si mangiava nervosamente le mani, distanziandosi dal braccio teso del cetriano.
Piano…
Piano…
L’ho agguantata!
La prese per il polso con tutta la propria gentilezza, per quando cordiale potesse essere una mano avvezza ad impugnare un fucile.
La condusse fuori dallo stretto nascondiglio, attento a non farle del male:


Ehi, piccolina…
C’è qualcun altro?”
La bambina fissò il soldato per alcuni istanti e scosse la testa, scoppiando in un pianto sommesso tra le braccia dello stesso.
E chi pensava che ci fosse una bambina sotto tutto questo sporco…
E carina, per giunta.”
Lola finì di pulire il viso alla bambina con uno straccio bagnato e cercò di sorriderle, ottenendo in cambio soltanto il suo silenzio ed uno sguardo inespressivo.
Non sei una di molte parole, vero?”
Proseguì mettendo il panno da parte.
Io non so come tu abbia fatto a sopravvivere fin’ora, ma sei una bambina coraggiosa, piccola”
“…Ruby”
Le rispose esitando.

Cos’hai detto?”

Mi chiamo Ruby…”

La commissaria le sorrise, illuminandosi.

Ruby…
E’ carino.
Io sono Lola.
Se hai bisogno di qualcosa, sono qui per te, piccolina…”

La bimba ricambiò il sorriso.
Con sguardo interessato, Allart le osservò conversare sedute sul letto e si fermò a riflettere su come quella bambina fosse riuscita a sopravvivere e a cosa avesse dovuto assistere, perdendo l’innocenza dei propri anni più felici.
Tuttavia la avevano trovata e la avevano portata via, e adesso era lì, al sicuro sotto la protezione di Lola.
Era forse quello un modo per colmare la maternità mancata?
A questo pensiero si interruppe, uscendo dalla stanza senza proferire parola.
Tornò pochi minuti dopo, tenendo Peggy tra le braccia.


Ehi piccola…
C’è un’amica per te.”

Così dicendo posò la cagnetta a terra, e la bambina le corse incontro gioiosamente.

Parte XX

Come al solito, la serenità non era andata avanti per molto.
Il terzo sottosettore aveva subito una nuova incursione da parte dei cultisti caotici, molti dei quali vestivano ancora la divisa dell’ex 221° Tetriano, lacerata in più punti per venir liberata dalle effigi imperiali.
La nebbia li aveva coperti per molte miglia, consentendo loro di addentrarsi in profondità nel territorio ed attaccare la base operativa Cetriana.
L’ultimo dei fanti scelti designati alla protezione di Allart venne trapassato da un colpo di requiem pesante nel torace e cadde a terra dilaniato, mentre il suo commissario si riparava dietro alla carcassa di un Leman Russ.
Mentre i colpi fischiavano alle sue spalle controllò il numero di colpi nel caricatore.

Sei colpi…”
Si avvicinò con prudenza al limite del rottame e lanciò un’occhiata al di là di esso.
Una squadra di rinnegati si stava avvicinando a lui sotto lo sguardo vigile di un condottiero dall’aspetto inquietante.
Portava la lunga giacca prerogativa dei membri del commissariato, che rimaneva aperta esponendo la pelle nuda del petto percorso da sfrigolanti energia verdastre che ruotavano attorno ad una stella a otto punte incisa sul petto.
Al centro di essa, un occhio, non tracciato ma reale, volgeva guizzante il proprio sguardo in ogni dove in cerca di nuovi nemici da abbattere.

“… Undici bastardi.”

Quella non era decisamente una situazione in cui si sarebbe mai voluto trovare.
Un Chimera nemico si avvicinò lentamente a loro:
Cogliendo al volo l’occasione, staccò una granata dalla cintola e la lanciò sotto il carro facendola rotolare a terra.
Quando essa detonò provocando lo scoppio del corazzato, la bolgia conseguente ingoiò la squadra di adoratori corrotti tra le proprie fiamme, ad eccezione del comandante che si fece scudo con uno dei propri uomini.
Allart balzò fuori dal proprio riparo e gli si fece incontro lanciandogli un rapido fendente alle gambe, il quale venne parato con allarmante facilità dal nemico che lo afferrò per il polso e lo lanciò a terra.
La lama arrugginita del nemico si piantò ad un paio di centimetri dal suo orecchio, il rumore metallico raggiunse il timpano con fastidiosa violenza.
Facendo leva con le gambe riuscì a far perdere l’equilibrio anche al proprio avversario e lo prese per la gola colpendolo con due pugni sul volto con la mano metallica.

Jake?”

Si fermò di colpo, fissandolo negli occhi storditi.
Jake Roberts era stato suo compagno di squadra ai tempi della schola progenium, promettente orfano di un governatore imperiale assassinato da un culto dei genoraptor notato con eccessivo ritardo.
Allart avrebbe potuto dire in tutta tranquillità che quello era stato il proprio compagno più fidato, all’epoca, forse addirittura un’amico, nel breve tempo di libertà che l’addestratore imperiale concedeva ai propri cadetti.
Quello si liberò con una ginocchiata nello stomaco e si rialzò energicamente, assestandogli anche un calcio nella schiena prima di estrarre la propria spada dal terreno.
Allart raccolse il proprio requiem e sparò verso l’ex compagno, colpendolo al polso alzato che stringeva l’arma appena recuperata.
La mano mollò lo spada prima che il proiettile esplodesse spappolandola assieme a gran parte dell’avambraccio.
Roberts urlò di dolore portando il moncherino al petto e voltandosi istintivamente di spalle mentre Allart si rialzava recuperando i propri effetti.
L’ex commissario si voltò mostrando un lungo coltello stretto nell’unica mano rimastagli, con il quale riuscì anche a deviare l’affondo del rivale cercando poi di piantarne la lama nell’omero vulnerabile.
Il coltello si spezzò per la violenza del colpo, non incontrando altro che freddo adamantio.
Allart non trovò alcuna resistenza quando colpì l’avversario con un altro pugno al volto, afferrandolo per il braccio prima che egli potesse cadere e gettandolo contro il rottame del chimera.

Come ti sei ridotto, Jake?”

Il caotico alzò lo sguardo ormai privo di forze, il braccio mutilato continuava a sanguinare copiosamente privandolo di energie.

Tu…
Tu non sai niente!”

Gli rispose, cercando di rimettersi in piedi senza successo.
Allart alzò la pistola, mordendosi il labbro inferiore.
Era un traditore, dopotutto.
Aveva visto quello che i suoi uomini avevano fatto a persone indifese per suo ordine, ma l’esitazione e la nostalgia ebbero il sopravvento ed il proiettile vagante nel polpaccio suo sinistro giunse più rapido del verdetto sul nemico che riuscì a fuggire con le proprie ultime forze.
Si mise in ginocchio, turbato dalla propria nuova scoperta, mentre un profondo senso di fallimento lo ricopriva come una cupa nube nera.

Fine del volume I

Those Once Loyal - Prologo
“Arrivano, arrivano!”
Le urla della madre in agitazione non fecero che trasmettere a Ruby il medesimo stato d’animo mentre veniva tirata per un braccio verso la camera da letto.
La finestra ancora aperta le permise di scorgere per alcuni istanti dei grossi camion pieni di uomini armati giungere verso la città, i passeggeri già pronti ad aprire il fuoco sui suoi abitanti.
La genitrice rimosse una piastra dal pavimento rivelando un rifugio nascosto, molto grande per la esile bambina ma insufficiente a nascondere tutta la famiglia.
“Non uscire fino a che non sarà tutto finito…
Ti voglio bene, piccolina mia”
Venne spinta dentro al nascondiglio dalla madre piangente dopo un rapido ma intenso abbraccio, la sua richiesta di spiegazioni venne interrotta dal buio quando la lastra venne rimessa al proprio posto negandole la luce.
Un grave boato rimbombò tra le pareti dell’abitazione giungendole distante, dimostrandosi comunque più che sufficiente a provocarle un sussulto.
Il rumore venne seguito da uno sparo e da uno strozzato grido di morte che la bambina ipotizzò appartenere al padre:
Per quanto avesse desiderato uscire e controllare, il terrore ebbe il sopravvento e la tenne inchiodata al proprio posto.
Udì molti vetri rompersi e pesi schiantarsi sul pavimento con impatti rumorosi sempre più vicini:
Tremò abbracciandosi le gambe mentre qualcosa veniva trascinato di peso sopra la sua posizione.
Riconobbe la voce della propria madre mentre implorava pietà ed ebbe l’impressione che questa si dimenasse freneticamente prima che tre violenti colpi echeggiassero in tutta la stanza.
“Non finirà presto, cagna imperiale”
Those Once Loyal - Parte I
Le urla del sergente Atger anticiparono di alcuni secondi il grido dei fucili automatici dei cultisti e la risposta degli Accatran MkIV dei Cetriani, versione più leggera del classico fucile laser progettata per i reggimenti aviotrasportati.
In un primo momento gran parte dei colpi sparati finì per mietere la abbondante vegetazione del settore, devastando piante ed arbusti senza pensiero.
Poi, con l’avvicinarsi degli esecutori dell’imboscata, molti dei soldati che circondavano Allart rovinarono a terra scompostamente mentre questo lasciava imporre la propria pistola requiem sullo scontro, ogni sparo rimbombava tra gli alberi secchi con il rombo di un tuono.
I rinnegati guadagnarono terreno, avanzando senza mollare i grilletti per un solo secondo.
Una raffica di proiettili passò rapidamente sopra la sua testa, colpendo di striscio lo scolorito stemma imperiale cucito con cura sopra il nero berretto da commissario.
Il copricapo finì a terra contemporaneamente al soldato Barrett, il quale cadde in ginocchio con la coscia lacerata mentre il suo sergente metteva a tacere i nemici con un vecchio fucile a pompa, ricaricandolo ad ogni colpo con rapidità disarmante.
In ginocchio, strizzò gli occhi trattenendo un grido di dolore mentre lo scontro infuriava.
Una granata esplose alle sue spalle, gettandolo a terra per l’onda d’urto e ferendolo alla schiena con una scheggia metallica.
Atger prese il ragazzo sulle spalle e riprese a sparare, ridendo sprezzante mentre i proiettili rimbalzavano sulla parte destra del petto, completamente sostituita con un rimpiazzo bionico in seguito alle orrende ustioni procuratosi sparando a bruciapelo con la propria pistola al plasma.
Il caotico più vicino ad Allart lanciò il proprio fucile scarico a terra e sfoderò un machete, scagliandosi in sua direzione:
Il commissario riuscì ad evitare il primo fendente che finì per squarciargli il fondo del cappotto ed afferrò il braccio armato con la protesi, stritolandolo per alcuni secondi.
Il cultista cadde in ginocchio mollando l’arma bianca ed Allart sparò alla tempia, ricevendo in cambio la propria consueta doccia di icore e cervella.
Chiuse gli occhi mentre il calore del sangue gli invadeva il viso, ritirando in piedi senza sforzo il corpo privo di vita ed utilizzandolo come scudo per evitare di essere colpito da un proiettile vagante.
Spingendo la carcassa verso un rinnegato in avvicinamento, sentì un proiettile sparato dallo stesso sfiorargli la tempia destra e piantarsi nel tronco di un albero.
Puntò la pistola in sua direzione e centrò il bersaglio, ripetendo la stessa operazione con due nemici in rapido avvicinamento, macchiando il verde scenario del combattimento con una pennellata di sangue fresco.
Ripose la pistola fumante nella fondina e sfoderò la spada, realizzando di aver esaurito tutti e dieci i colpi a sua disposizione.
L’ennesimo avversario cadde ai suoi piedi con il torace squarciato da un colpo di fucile laser:
Il commissario si guardò attorno e trovò il volto del proprio soccorritore in quello del caporale Stroninberg, che gli annuì prima di tornare a combattere.
Ricambiò con un cenno appena percettibile prima di balzare in avanti decapitando un nemico, i cui colpi sparati per istinto finirono nel suo fianco destro.
Allart si fermò per un istante, muovendo dei confusi passi in avanti e tossendo sangue.
Era stato veloce, quel bastardo, e aveva preso bene la mira.
Cadde in ginocchio, mollando la spada e portando le mani alla ferita nel tentativo di comprimerla.
Gli spari però non proseguirono a lungo, e prima che il commissario riuscisse a sollevarsi con l’ausilio di una piccola ma solida pianticella un ragazzino dai capelli biondi era già arrivato in suo soccorso.
Alzando lo sguardo notò che uno dei caotici che li avevano assaliti stava scappando zoppicando verso nord, già discretamente lontano da loro ma al contempo ancora visibile.
“Atger! Prendi Sabin e Shelley e segui quel bastardo, voglio le coordinate del loro accampamento!”
Urlò al sergente indicando il rapido fuggitivo prima di tossire nuovamente.
Questo raccolse da terra il proprio fucile a pompa e fece cenno ai due giovani chiamati in causa di andargli dietro, sparendo nella selva assieme a loro.
Allart cercò di seguirli con lo sguardo mentre attraversavano gli arbusti sulle tracce del caotico, operazione che dovette cessare quando Barrett, poggiato contro un albero, attirò la sua attenzione mentre Szatowsky applicava una prima medicazione al suo arto ferito.
“Commissario…
E noi?
Noi che facciamo?”
“Tu cosa vorresti fare, da zoppo?”
Gli rispose una voce lontana che sia lui che l’ufficiale cercarono con lo sguardo.
“Noi torniamo al campo.
Ci sono troppi feriti per tentare qualsiasi altra cosa, ed avremo tutto il tempo per riorganizzarci in previsione del ritorno di Atger e i suoi, sperando che vada tutto per il meglio.”
A queste parole molti si mobilitarono all’istante, aiutando i compagni in cattive condizioni a risollevarsi per poi portarli braccio in spalla o caricandoli di peso nei casi più gravi.
Those Once Loyal - Parte II
"Billy!
... Billy!"
Andrew corse frettolosamente verso il compagno, tenendo il fucile laser a tracolla con una mano e l'elmetto saldo in testa con l'altra.
I superstiti del gruppo che il commissario Black e la sua cricca di ufficiali avevano guidato a caccia di traditori erano in marcia da qualche ora, sulla via per il luogo designato all' incontro con l'altro plotone prima di fare ritorno all'accampamento Cetriano.
Billy Mekin si voltò per un istante, lanciando un'occhiata al soldato in arrivo per esortarlo a parlare.
"L'altro giorno, un mio amico è andato dalla fidanzata e le ha detto:
Ehi ma che fica grande che hai, ehi ma che fica grande che hai!
E lei:
Perchè me lo dici due volte?
E lui:
Non lo ho detto due volte!"
Andrew si mise a ridere, ma l'altro non lo so seguì, limitandosi a fissarlo negli occhi senza avere una particolare espressione sul volto.
"Sai...
E'...
E' stato l'eco!"
Passò qualche altro secondo in cui i due mantennero il passo prima che Billy si mettesse a ridere comprendendo la battuta.
D'un tratto il gruppo si arrestò, il vicino sergente Pentelias ripeté ad alta voce le indicazioni degli ufficiali ed i due poterono capire di essere arrivati alla radura scelta per la riunione con i compagni.
Billy si voltò per vedere la canna di un requiem pesante spuntare dalla vegetazione vicino a loro e si gettò a terra urlando e trascinando con sé il compagno.
Molti vennero colti di sorpresa mentre sempre più postazioni di fuoco nemiche si rivelavano dalle piante.
Tanti dei loro compagni caddero a terra prima di esplodere con il colpo, non un solo cadavere riusciva a rimanere riconoscibile se non tramite le piastrine imbrattate di sangue che nessuno si sarebbe mai preoccupato di consultare.
Evidentemente qualcuno doveva averli informati, e pareva altrettanto sicuro che ci fossero una o più spie all’interno del gruppo d’armata, ma in quel momento non c’era tempo per preoccuparsene.
I pochi Cetriani che riuscirono a rispondere al fuoco sopravvivendo alla prima scarica di colpi iniziarono ad indietreggiare verso la selva sotto le urla degli ufficiali superstiti.
Billy si rialzò, correndo di fianco al compagno per raggiungere il gruppo mentre i nemici ricaricavano.
Andrew però scivolò nella terra inumidita dal sangue di tre uomini dilaniati molto vicini l’uno dall’altro, cadendo di peso sopra uno dei corpi prima che le nuove munizioni sconsacrate dei caotici travolgessero la sua schiena e quella del compagno in fuga.


Soltanto in otto erano sopravvissuti all’attacco: Allart, Lola, Stronimberg, Pentelias, il già gravemente ferito Barrett,il medico Robert Szatowsky, il soldato Carl Hudson e l’esploratrice Karen Kortz.
Stavano seduti contro i tronchi degli alberi nel silenzio della notte mentre Szatowsky, dopo essersi preoccupato del proprio commissario, si occupava per quanto possibile delle ferite di Barrett.
Allart aveva ordinato la costruzione di numerose trappole nella zona attorno a loro e istituito un periodo di due ore di guardia a testa, ovviamente escludendo il giovane soldato ferito che non era neppure in grado di reggersi in piedi.
In quel momento toccava a Hudson, ma nessuno riusciva a riposare, memori del massacro da cui erano scampati poche ore prima.
E Atger?
Meglio non immaginare la fine di quel sergente e dei suoi due ragazzi.
“Cazzo!”
Esordì la sentinella.
“Che cosa c’è?”
Stronimberg balzò in piedi allarmato, pronto a sparare.
“Cazzo e basta, caporale!
Abbiamo girato per ore cercando di uscire da questo bosco di merda, portandoci dietro più pesi morti che armi, cinque sono morti dissanguati prima di sera, il vox è a pezzi, non abbiamo da mangiare, da bere, altre cariche per i fucili e adesso non sappiamo neanche dove cazzo stiamo, ad aspettare che ci ammazzino, difesi da un ufficiale ferito, un tizio più morto che vivo e due donne!
Cazzo Cap…”
Il discorso venne interrotto da un pugno sul naso sferrato dalla commissaria chiamata in causa.
Hudson toccò più volte la parte lesa, sorpreso, realizzando poi che stesse sanguinando.
“Che puttana…”
Il soldato venne preso e sbattuto contro un albero e cadde a terra, molti pezzi di corteccia di staccarono per l’impatto e precipitarono su di lui mentre l’ufficiale lo colpiva allo stomaco con un calcio.
“Hai finito, coglione?”
Hudson non rispose, limitandosi a tossire e a massaggiarsi i lividi dal suolo.
“In altre circostanze non saresti stato così fortunato da prendere solamente qualche botta di poco conto, ma adesso ci servi e mi aspetto che tu faccia il tuo dovere senza altre sceneggiate. E’ chiaro, questo?”
Lui annuì poco convinto, poi si rialzò faticosamente e raccolse il proprio fucile.
“Bene.
Adesso torna al tuo posto e finisci il tuo lavoro.”


La nottata fu lenta e sofferta:
I sette dormienti venivano continuamente svegliati dalla vedetta di turno, quando per via del rumore di una bestia, quando per via del vento o della pura immaginazione.
Un urlo di dolore spezzò il silenzio:
Allart si svegliò di soprassalto estraendo istintivamente la pistola dalla fondina, e come poté notare dopo essersi rischiarato la vista, non fu il solo.
Dopo alcuni attimi di smarrimento, il sergente Pentelias li raggiunse con aria soddisfatta.
Nel buio, non tutti notarono subito che stesse trascinando un corpo.
“Cinque esploratori caotici”
Disse.
“Caduti in trappola con fin troppa facilità.
E questo è l’unico ancora vivo”
Il sergente gettò il prigioniero ai piedi del commissario, che prese qualche secondo per soppesare le opzioni che la cattura di quell’avanguardia poteva generare.
Sicuramente avrebbero potuto interrogarlo per scoprire dove si trovasse l’accampamento nemico, e, una volta trovata l’uscita dalla foresta, attaccarlo in massa.
Considerò poi che dopo la confessione avrebbero dovuto comunque ucciderlo, essendo quello di tenerlo in vita un rischio troppo gravoso.
Inoltre, come avrebbe potuto fidarsi di lui ed assicurarsi che volesse farli cadere in un’altra trappola?
“ Beh, a meno che il nostro amico qui non voglia raccontarci qualche cosa di interessante, possiamo anche evitare di farci strangolare nel sonno.”
Rispose Allart con semplicità, ancora intontito dal sonno.
“Colonnello, se mi permette… Non potremmo fare come con quegli Eldar su Seekend?
Lasciamo che il loro amico ferito implori aiuto, e quando arrivano i soccorsi… Prendiamo anche loro.”
Obiettò il medico del gruppo.
“Non so se ti sei perso il macello che hanno fatto in casa tua meno di un anno fa, Robert, ma con questi non funziona.
Non hanno alcun attaccamento verso i compagni.
Procedi, sergente.”
“No, no, aspetta… Dirò tutto, tutto quello che volete!”
Biascicò il rinnegato in un basso gotico appena comprensibile, alzandosi in piedi a dispetto del proprio stato pietoso.
“Hai visto?”
Confermò dunque a Szatowsky con un sorriso di sincero divertimento.
“Allora forza, vediamo se le tue informazioni valgono quanto la tua vita.”
Allart si avvicinò al caotico, che con le ultime forze si liberò dalla presa di Pentelias e gli rubò il coltello estraendolo dal fodero con allarmante rapidità per poi cercare di piantarlo in gola all’ufficiale di fronte a sè.
il commissario bloccò l’attacco con il rimpiazzo bionico mentre un colpo sparato da Von Stauf lo immerse nel sangue del rinnegato, facendolo sospirare mentre imprecava mentalmente contro gli avi di quel traditore.
Lasciò cadere la carcassa e si pulì il viso con una manica della divisa, imprecando mentalmente contro il suo assalitore.
“Beh…
L’unica cosa che possiamo fare adesso è ripristinare le trappole e sperare che il resto della notte passi tranquillamente.”
Constatò Kortz, che fino a quel momento era rimasta in silenzio.
Allart annuì ed il gruppo si mise nuovamente al lavoro.
Those Once Loyal - Parte III
Jake liberò la strada abbattendo un insieme di piante con la propria spada arrugginita, mentre uno spinoso ramoscello sfuggito alle sue attenzioni gli strappava parte del già logoro cappotto da commissario.
Uno dei soldati di fronte a lui inciampò in quella che ad un primo sguardo appariva come la radice di un albero e rovinò a terra.
La sua caduta fu seguita da una breve serie di rumori provenienti dalle cime degli alberi:
Poco dopo, il primo gruppetto di avanguardie venne travolto da un tronco in caduta e da numerosi pezzi di legno lavorati simili a frecce che proseguirono in sequenza verso in resto del gruppo di caccia.
Molti rimasero azzoppati o colpiti mortalmente, altri, fuggendo, caddero in fosse nascoste ripiene di rami dalla punta acuminata.
Erano caduti in trappola, si erano lasciati fregare come degli idioti:
A questo pensò Jake mentre si riparava dai colpi usando come scudo uno degli uomini più vicini a lui.
Arrivarono poi diversi colpi di fucile laser, non erano molti, ma era evidente che li avessero comunque circondati.
Gettò a terra in cadavere macellato del caotico suo sottoposto e sparò verso il fogliame con la propria pistola folgore, strillando ordini ai soldati in fuga ed intimando loro di mantenere la propria posizione.
Jake centrò nell’occhio uno dei loro assalitori, un uomo sui trent’anni che vestiva una divisa bianca coperta dalle leggere piastre verdastre di un’armatura antischegge vecchia e rovinata.
“Hudson!”
Una donna indossante la medesima uniforme corse verso il cadavere, facendo fuoco verso di lui con una pistola automatica probabilmente raccolta dal cadavere di uno dei suoi.
I colpi scavarono dei profondi fori lungo la superficie della sua vecchia armatura a carapace, tuttavia non lo ferirono:
Terrorizzata la donna lasciò cadere a terra la pistola ormai scarica e prese ad indietreggiare senza staccargli gli occhi di dosso.
Il comandante caotico godeva a tal punto del timore della imperiale che quasi dimenticò cosa stesse accadendo, ridestandosi appena in tempo per finirla con un colpo al petto e parare con la spada un fendente diretto al suo fianco destro.
Voltandosi in direzione del suo attaccante, riconobbe il suo volto in quello della Commissaria Lola von Bretch,vista di sfuggita durante gli anni della Schola progenium.
Non le aveva mai prestato molta attenzione, ma adesso se la ritrovava lì, come l’ennesimo bastone tra le ruote in un percorso già insidioso di per sé.


Nonostante molti caotici fossero morti per via delle trappole e tanti altri colti alla sprovvista, i nemici restavano in superiorità numerica.
Come se non fosse stato abbastanza, Hudson si era fatto ammazzare nei primi istanti dello scontro e Kortz le era andata dietro subendo la stessa fine.
Allart decapitò un caotico mentre attorno a lui Pentelias e Stronimberg davano libero sfogo alle proprie armi da fuoco, aggiungendo poi il proprio requiem a quella cantilena di sangue e proiettili.
“Toh, ma guarda chi abbiamo qui…”
Esclamò Jake
“Niente meno che…”
Lasciò la frase a metà per parare il colpo successivo, diretto alle gambe.
“…La commissaria von Bretch!
Eri tu quella che ha fatto allontanare Fiston, giusto?”
Lola lo ignorò, continuando ad attaccare, nonostante tutti i suoi fendenti venissero paranti con facilità dal comandante nemico.
Deviando un suo colpo Jake la colpì alla mascella con il calcio della pistola laser, stordendola.
La commissaria barcollò per una manciata di secondi, sufficienti per permettere al rinnegato di spararle alla gamba già azzoppata molti anni prima dal progene precedentemente tirato in causa.
“Avrei voluto divertirmi un po’ con la tua amichetta…
Ma già che sei stata così gentile da venirmi incontro, perché non assecondarti?”
Jake la osservò per dei lunghi istanti, ridendo ad suo ogni vano tentativo di rimettersi in piedi.
“Allora non vuoi proprio stare giù, eh?
D’accordo, ti aiuto io…”
Stava per colpirla con un calcio sul volto quando si accorse quello che la commissaria stava tentando di fare:
Recuperare la propria pistola.
Disperse la minaccia allontanandola con un piede, osservando la donna in difficoltà con aria di sufficienza mentre questa vedeva le proprie speranze svanire nella selva.
“Ehi, questo non era molto carino da parte tua, bellezza.”
Le disse alzandola e scagliandola contro lo spesso tronco di un albero.

L’attenzione di Allart venne attirata da uno scontro in particolare:
Lontano da lui, Jake e Lola avevano iniziato uno scontro con la spada.
E per quanto lui stimasse le abilità di scherma della commissaria, sicuramente superiori alle sue, temeva che quello potesse essere uno scontro a senso unico:
Conosceva bene ciò che l’ex amico era in grado di fare con la propria spada a catena, ed era stato fortunato se nel loro primo scontro la contesa si fosse spostata in un contesto prettamente fisico.
Corse in loro direzione, attento ai numerosi proiettili che volavano nel bosco:
Troppo tardi gli sovvenne questa precauzione, poiché egli non ottenne altro che due fori nella gamba destra per via della propria azione avventata.
Cadde a terra come un peso morto, mentre i suoi due soldati di fiducia lo raggiungevano assieme a Szatowsky in modo da coprirlo e fornirgli una prima medicazione.


Jake la raggiunse lentamente, con passo spavaldo.
Nel frattempo, Lola aveva estratto dalla cintola un piccolo coltello che puntava verso di lui con le proprie ultime forze.
Per tutta risposta ottenne una gelida risata.
“Beh, a quanto pare la mia è più grossa”
Le fece notare alzando la spada a catena
“E poi ho ancora questa.”
Concluse passando alla pistola folgore.
“Mettilo giù, non vorremmo farci del male…”
Continuò a deriderla, avvicinandosi sempre più.
Tuttavia, il suo passo venne interrotto da uno scatto secco.
Un corpo metallico lo ferì nel petto.
Tossì, confuso.
“Che ca..”
Un pugnale balistico.
Lola aveva imparato ad apprezzarli proprio per quel genere di situazione.
Jake mosse alcuni passi all’indietro mentre i primi Valkyrie del 17° giungevano sul luogo dello scontro e numerosi fanti dalla divisa sgargiante scendevano a terra grazie a funi per dare man forte ai superstiti.
Il capitano caotico si diede alla fuga per evitare la cattura, e nonostante gli urli spezzati di Lola ai propri salvatori concentrati sul grosso delle truppe nemiche, quando i primi fucili si volsero in sua direzione egli era ormai troppo lontano.
Seduto ad una spoglia scrivania Allart compilava una serie di libretti dalla copertina nera e rigida, ufficializzando la morte dei soldati del 41° corazzato i cui cadaveri erano rimasti ancora riconoscibili.
Il reggimento, di stanza nel terzo sottosettore, era stato attaccato dal rimanente delle forze rinnegate su strige e ridotto ai minimi termini:
Troppo tardi era giunto in loro soccorso il resto del gruppo d’armata, trovando poco più di un centinaio di uomini in mezzo ad una distesa di cadaveri.
“Odio questa cosa…”
Disse a Lola mentre questa scribacchiava il proprio nome su uno dei libretti sulla superficie del banco.
Gli annunci di morte della guardia Imperiale richiedevano la convalida dell’ufficiale in comando dal rango più elevato disponibile e quello di un commissario, e benché Black fosse in grado di firmare in entrambi i riquadri lei aveva deciso di aiutarlo nella lunga procedura.
“Dicono che Roberts fosse coinvolto nello scontro”
Esordì lei.
“Dicono anche che sia morto”
Rispose senza alzare lo sguardo dal libretto che stava compilando.
“Tuttavia, sinceramente, ci credo poco.”
Concluse aggiungendo il piccolo tomo alla lista.
Sospirò per poi osservare la commissaria portargli stancamente una nuova pila di libri, che la stanchezza faceva apparire molto più pesanti di quanto in realtà non fossero.

Il tenente Richfer era un ufficiale appena uscito dall’apposita accademia, il cui primo taglio militare era ancora fresco sotto il berretto sporco di fango.
La campagna di Faaris IV era a tutti gli effetti la sua prima esperienza sul campo, tuttavia, a differenza di quanto ci si potesse aspettare da un individuo come lui, la sua divisa verdastra era insozzata da sangue, terra e quanto di più disgustoso potesse essere emesso da una creatura caotica.
Le iridi verdi erano decorati da due occhiaie della dimensione del pugno di un bambino di sette anni, mentre il viso pallido era rovinato da una lunga cicatrice verticale che andava dal sopracciglio sinistro sino al mento.
Egli era colui che aveva resistito tanto a lungo all’attacco caotico nel proprio sottosettore e che aveva dovuto prendere il comando dell’irrisorio numero di superstiti nel tentativo di portare a casa la pelle:
Per quanto ne sapevano i soldati Cetriani, egli era un eroe degno di essere messo al fianco del proprio colonnello commissario.
Per il resto, non c’era nulla di particolare da sapere circa il suo passato:
La sua storia era simile a quella del classico ufficiale stereotipato, e quella era senza dubbio una delle cose che egli detestava maggiormente riguardo a sé stesso.
Inorgoglito dalla medaglia ottenuta in seguito al proprio salvataggio, aveva accettato senza pensieri di integrarsi assieme ai pochi soldati rimasti nel reggimento aviotrasportato del commissario Black.
Certo, sarebbe stato un cambiamento difficile per loro, un carrista non poteva improvvisarsi parà, ma c’era altro che potessero fare, in quel momento?
Egli osservò Allart dopo avergli comunicato i nuovi ordini del Lord comandante di segmento:
Quello era un ruolo che usualmente apparteneva al Maresciallo Dejares, che però in quel momento pareva essere discretamente occupato per volere del commissario stesso.
A quanto pareva, la minaccia caotica su Strige era terminata, così come quella Tau.
Era il momento di spostarsi verso Valamor , per porsi a difesa del settore assieme ad un reggimento di cui Richfer non aveva mai sentito parlare prima, ma che era conosciuto come “Le Tigri Cremisi”.
Poco gli importava del nome che essi si fossero dati, ma a quanto pareva i loro colonnelli erano in ottimi rapporti e si ci poteva dunque aspettare una certa collaborazione.
Black si limitò ad annuire con apprensione, probabilmente non del tutto soddisfatto dal proprio nuovo spostamento:
La guerra stava per volgere al termine, almeno stando alle notizie ricevute da gran parte dei settori del pianeta, e nonostante grandi difficoltà il pianeta sarebbe stato salvato anche in quell’occasione, per tanto sarebbe stato comprensibile un suo desiderio di restare a difesa del settore per cui tanto duramente aveva combattuto sino alla fine, piuttosto che impegnarsi in uno spostamento ormai tatticamente inutile.
“Faremo come ci chiedono”
Decise il commissario dopo una breve pausa di riflessione, come se avesse avuto il potere di scegliere.
“Andiamo a Valamor…
Credo tu sappia quello che devi fare.”
Those Once Loyal – Parte V
Le giornate di stanza a Valamor trascorsero come una lunga e meritata vacanza in una oasi dove la Guerra si era già conclusa da tempo.
Altrove, però, Strige era caduta sotto controllo caotico.
Le forze del disordine avevano attaccato in massa pochi giorni dopo che i cetriani ebbero abbandonato il settore ed avevano distrutto tutto ciò che loro avevano costruito in tanti mesi di dura lotta.
Il loro intervento non era stato ritenuto necessario dal Lord comandante di settore, anonimo figuro che era ben presto divenuto il fulcro di qualsiasi esclamazione o battuta da parte della truppa e degli ufficiali.
Non che ne restassero molti:
Il diciassettesimo reggimento aviotrasportato era stato decimato fino alla misera quota di ventimila soldati effettivi, mentre il quarantunesimo corazzato contava centocinquantatre superstiti, il nono fanteria d’assalto non esisteva più ed il tredicesimo corpo di redenzione della legione penale si era ammutinato per rimpolpare probabilmente le fila dei rinnegati.
Allart lasciò il fumo uscire dai propri polmoni scrollando una bacchetta di l’ho su un posacenere riposto sulla larga scrivania che gli si trovava di fronte.
Erano in viaggio per tornare a Cetria:
Un sollievo per tutti, escluso lui.
Nonostante il gran numero di battaglie vinte dalla prima linea e nel complesso il risultato della campagna avesse arriso alle forze imperiali, egli aveva perso la propria guerra personale senza poter fare nulla per impedirlo, nulla che non lo avrebbe portato in un battaglione penale.
Ed un numero di soldati più alto di qualsiasi cifra egli fosse stato in grado di immaginare era così morto in vano.
Il suo era stato un brutto modo per insegnare a Ruby, che ormai era divenuta per lui una figlia adottiva a tutti gli effetti, che non sempre i buoni avrebbero vinto.
Aveva grande compassione per quella bambina, probabilmente l’ultima cittadina di Strige ancora in vita in tutta la galassia.
Al ritorno, si aspettava di essere inglobato assieme ai suoi in un qualche reggimento di recente fondazione perdendo così il ruolo di colonnello.
Non aveva ancora affrontato seriamente la questione, ma quella stecca fumante che teneva tra l’indice ed il dito medio lo aiutava a prenderla con filosofia.
Non era mai stato avido di potere, anzi, pareva quasi vedere la cosa come una liberazione.
All’età di ventidue anni il comando del reggimento gli era precipitato sulle spalle, assieme ad un numero spropositato di nuove responsabilità.
Era soltanto un ragazzo appena uscito dalla schola progenium, ma con il più pesante dei doveri, e lo aveva eseguito senza una singola lamentela per quattro lunghi anni prima di Faaris, e l’idea che la sua stessa carriera dovesse terminare poco prima del compimento del quinto anniversario non gli appariva poi così spiacevole.
Sarebbe tornato in mezzo alla sua gente, avrebbe avuto responsabilità su una squadra soltanto o un plotone al massimo.
Se questa idea lo confortava, l’ombra del fallimento era però sempre dietro l’angolo, ed il pensiero della caduta di Strige –ed il ricordo di quanto si fosse sentito impotente, costretto a fare da spettatore mentre il settore veniva martoriato– lo rattristavano enormemente.
Lola, dal canto suo, aveva fatto del proprio meglio per confortarlo, ben sapendo quanto quello stato d’animo potesse portarlo all’autodistruzione mediante i suoi numerosi vizi –abitudini più che contestabili in un commissario imperiale- e facendogli anche notare come egli avesse eseguito alla perfezione i propri ordini.
Fintanto che Allart era stato presente, Strige era stata rapidamente riconquistata ed in seguito efficientemente difesa, rammentandogli che, se la colpa fosse stata da attribuire a qualcuno in particolare, tutte le dita sarebbero state puntate verso il comandante di settore.
Aveva cercato in ogni modo di essergli vicina, come aveva sempre fatto, ma quella volta il commissario aveva desiderato espressamente la solitudine:
Lola non aveva preso molto bene la sua richiesta, ma aveva comunque scelto di assecondarlo.
Allart sentiva il bisogno di pensare, e riflettere il solitudine dell’accaduto.
Almeno questo era quello che diceva lui.
In verità, tutti sapevano come egli si stesse annegando in un bicchiere d’acqua.

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